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150 | pensieri | (2288-2289-2290) |
* La lingua latina, cosí esatta, cosí regolata e definita, ha nondimeno moltissime frasi ec. che per la stessa natura loro e del linguaggio latino sono di significato cosí vago che a determinarlo e renderlo preciso non basta qualsivoglia scienza di latino e non avrebbe bastato l’esser nato latino, perocch’elle son vaghe per se medesime, e quella tal frase e la vaghezza della significazione sono per essenza loro inseparabili, né quella può sussistere senza questa. Come Georg. I, 44:
- et Zephyro putris se gleba resolvit.
Quest’é una frase regolarissima, e nondimeno regolarmente e grammaticalmente indefinita di significazione, perocché nessuno potrà dire se quel Zephyro significhi al zefiro, per lo zefiro, (2289) col zefiro ec. Cosí quell’altra: Sunt lacrimae rerum ec., della quale altrove ho parlato. E centomila di questa e simili nature, regolarissime, latinissime, conformissime alla grammatica e alla costruzione latina, prive o affatto o quasi affatto d’ogni figura di dizione, e tuttavolta vaghissime e indefinibili di significato, non solo a noi, ma agli stessi latini. Di tali frasi abbonda assai piú la lingua greca. Vedete come dovevano esser poetiche le lingue antiche: anche le piú cólte, raffinate, adoperate, regolate. Qual è la lingua moderna, che abbia o possa ricevere non dico molte, ma qualche frase ec. di significato indefinibile e per la sua propria natura vago, senz’alcuna offesa ec. della grammatica? La italiana forse alcun poco, ma molto al di sotto della latina. La tedesca credo che in questa facoltà vinca la nostra e tutte le altre moderne. Ma ciò solo perch’ella non (2290) é ancora bastantemente o pienamente formata; perch’ella stessa non è definita, è capace di locuzioni indefinite, anzi, volendo, non potrebbe mancarne. Cosí accade in qualunque lingua, né solo nelle locuzioni, ma nelle parole. La vaghezza