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(1303-1304-1305) | pensieri | 75 |
forestieri ed ignoti per esercitare la forza della loro imitazione (9 luglio 1821).
* Altra prova che noi siamo piú inclinati al timore che alla speranza è il vedere che noi per lo piú crediamo facilmente quello che temiamo e difficilmente quello che desideriamo, anche molto piú verisimile. E poste due persone delle quali una tema e l’altra desideri una stessa cosa, quella la crede e questa no. E se noi passiamo dal temere una cosa al desiderarla, non sappiamo piú credere quello che prima non sapevamo non credere, (1304) come mi è accaduto piú volte. E poste due cose, o contrarie o disparate, l’una desiderata e l’altra temuta e che abbiano lo stesso fondamento per esser credute, la nostra credenza si determina per questa e fugge da quella. Nell’esaminare i fondamenti di alcune proposizioni ch’io da principio temeva che fossero vere, e poi lo desiderava, io li trovava da principio fortissimi e quindi insufficientissimi (10 luglio 1821).
* A quello che ho detto del linguaggio popolare pochi pensieri addietro, soggiungi. Il linguaggio popolare è ricca e gran sorgente di bellissime voci e modi, non veramente alla lingua scritta, ma propriamente allo scrittore. Vale a dire, bisogna che questo, nell’attingerci, nobiliti quelle voci e modi, le formi, le componga in maniera che non dissuonino né dissomiglino dalle altre che l’arte ha introdotto nello scrivere ed ha polite, e insomma non disconvengano alla natura dello scrivere artificioso ed elegante. Non già le deve trasferir di peso dalla bocca del popolo alla scrittura, se già non fossero interamente adattate per se medesime o se la scrittura non è di un genere triviale o scherzoso o molto familiare ec. Cosí che io (1305) dico che il linguaggio popolare è una gran fonte di novità ec. allo scrittore, nello stesso modo in cui