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(1284-1285) pensieri 61

che hanno di applicare quel tal segno a quel tal suono e di analizzare la parola che odono, risolvendola ne’ suoni elementari, per applicare a ciascun suono elementare il suo segno! (notate ch’essi adoprano un alfabeto proprio fatto della lingua in cui scrivono e di segni propri e distinti di quei suoni precisi che debbono rappresentare). Appena riescono essi a copiar bene, cioè trasferire non da suono a segno, ma da segno a segno. Cosí i fanciulli principianti di scrittura, se hanno da scrivere sotto dettatura o scrivere senza esemplare sotto gli occhi quelle parole che pensano. Cosí anche gli uomini fatti e che sanno ben parlare ma non avvezzi a scrivere o leggere, ommettono, traslocano, cambiano, aggiungono tante lettere, fanno la loro parola scritta cosí diversa dalla parlata, ch’essi stessi si vergognerebbero di pronunziar la loro scrittura nel modo in cui ella giace. Ma essi credono che corrisponda alla pronunzia. Vedi p. 1659. Lo scrittore che scrive  (1285) traslatando nella carta le parole che la mente gli suggerisce, scrive sotto la sua propria dettatura. Quanto dunque dové tardare prima di perfezionarsi nel rappresentare con segni ciascun suono che concepiva! E gl’infiniti errori prodotti dalla necessaria imperizia de’ primi scrittori dovettero perpetuarsi in gran parte nelle scritture e confondere e guastare non poche parole, le loro forme, i loro significati ec. (e ricordiamoci che le lingue antiche ci sono pervenute per mezzo della sola scrittura). Lascio il noto costume antico di scrivere tutte le parole a distesa senza né intervalli né distinzioni, punteggiature (di cui l’ebraico manca quasi affatto) ec. Il che ognun vede quante confusioni e sbagli dovesse produrre. Cosí dite degli altri inconvenienti della paleografia, gli effetti de’ quali nelle lingue cólte ec. furono maggiori che non si pensa. Lo vediamo anche nei codici scritti in tempi dove l’arte della scrittura era già di gran lunga completa. Vediamo, dico, quanti errori, quante