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(1263-1264) pensieri 43

e riguardo alla lingua, mostruosa, durissima, asprissima e barbara. Per esempio, se io dicessi precisazione moverei le risa: perchè? non già per la natura della parola, ma perché non siamo assuefatti ad udirla. E cosí le parole barbare divengono buone coll’uso; e cosí le lingue si cambiano e i presenti italiani parlano in maniera che avrebbe stomacato i nostri antenati; e cosí l’uso è riconosciuto per sovrano signore delle favelle ec. (2 luglio 1821).


*    Alla p. 1134. Lo studio dell’etimologie, fatto coi lumi profondi dell’archeologia per l’una parte e della filosofia per l’altra, porta a credere che tutte o quasi tutte le antiche lingue del mondo, e per mezzo loro le moderne, sieno derivate antichissimamente e nella caligine, anzi nel buio de’ tempi, immediatamente o mediatamente da una sola o da pochissime lingue assolutamente primitive, madri di tante e sí diverse figlie. Questa primissima lingua, a quello che pare, quando si diffuse per le diverse parti del globo mediante le trasmigrazioni degli uomini, era ancora rozzissima, scarsissima, priva d’ogni sorta d’inflessioni, inesattissima, costretta a significar cento cose con  (1264) un segno solo, priva di regole e d’ogni barlume di grammatica ec. e verisimilissimamente non applicata ancora in nessun modo alla scrittura (se mai fosse già stata in uso la cosí detta scrittura geroglifica o le antecedenti, queste, non rappresentando la parola ma la cosa, non hanno a far colla lingua e sono un altro ordine di segni, anteriore forse alla stessa favella; certo, secondo me, anteriore a qualunque favella alquanto formata e maturata). Né dee far maraviglia che la grand’opera della lingua, opera che fa stordire il filosofo che vi pensa, e molto piú del rappresentare le parole e ciascun suono di ciascuna parola, chiamato lettera, mediante la scrittura, e ridurre tutti i suoni umani a un ristrettissimo numero di segni detto al-