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366 pensieri (1783-1784-1785)

Quelli che, come si dice, non hanno orecchio, non sono persone incapaci di distinguere l’armonico dal disarmonico ec. (questo farebbe contro voi altri), ma persone a quali l’orecchio è poco suscettibile, e quindi l’animo poco disposto ad esser mosso o affetto da’ suoni e voci del canto, siccome coloro che hanno poco odorato, poco gusto ec. Il loro giudizio non pecca sul piacevole o non piacevole di un odore o di un cibo, e quindi non è falso, ma bensí il loro organo pecca d’insuscettibilità. Questa osservazione dimostra come l’essenziale piacere della musica derivi dal suono e canto propriamente considerato e indipendente dall’armonia, la quale, mediante l’assuefazione (o, secondo voi,  (1784) mediante un senso universale ed innato), tutti sono capaci presto o tardi di distinguere esattamente da quella che si considera da’ suoi compagni come disarmonia. Ed è certo che l’uomo di peggiore orecchio arriva benissimo a questo effetto mediante lo studio, e può anche divenir sommo compositore o esecutore, né perciò migliora l’orecchio suo; segno che il senso e l’effetto della musica si divide in due, l’uno derivante dall’armonia, l’altro dal puro suono. Ma perché questo è il principale, però l’uomo il piú intendente dell’armonia sí musicale che qualunque, se ha cattivo, cioè non suscettibile, orecchio, non può essere se non mediocremente dilettato dalla musica.

Di questi due effetti della musica, l’uno, cioè quello dell’armonia, è ordinario per se stesso, cioè qual è quello di tutte le altre convenienze. L’altro, cioè del suono o canto per se stesso, è straordinario, deriva da particolare e innata disposizione della macchina umana, ma non  (1785) appartiene al bello. Questa stessissima distinzione si dee fare nell’effetto che produce sull’uomo la beltà umana o femminina ec., e la teoria di questa beltà può dare e ricevere vivissimo lume dalla teoria della musica. L’armonia nella musica, come la convenienza nelle forme umane, produce