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(1513-1514-1515) pensieri 205

bilmente piacevole; noi potremo accorgerci della sproporzione e sconvenienza colle forme universali, ma non potremo mai chiamar brutta quella fisonomia, e talvolta non ci accorgeremo neppure della irregolarità, e se non la consideriamo attentamente, la chiameremo bella (17 agosto 1821). Vedi p. 1529. capoverso 2.


*    I costumi delle nazioni cambiano bene spesso d’indole, massime coll’influenza del commercio, de’ gusti, delle usanze ec. straniere. E siccome l’indole della favella è sempre il fedelissimo ritratto dell’indole della nazione,  (1514) e questa è determinata principalmente dal costume, ch’é la seconda natura e la forma della natura; perciò, mutata l’indole de’ costumi, inevitabilmente si muta, non solo le parole e modi particolari che servono ad esprimerli individualmente, ma l’indole, il carattere, il genio della favella. Pur troppo è certissimo che, l’indole de’ costumi italiani essendo affatto cambiata, massime dalla rivoluzione in poi, ed essendo al tutto francese, è perduta quasi effettivamente la stessa indole della lingua italiana. Si ha un bel dire. Una conversazione del gusto, dell’atteggiamento, della maniera, della raffinatezza, della leggerezza, dell’eleganza francese, non si può assolutamente fare in lingua italiana. Dico italiana di carattere; e piuttosto la si potrebbe tenere con parole purissime italiane, che conservando il carattere essenziale di questa favella. Cosí dico dell’indole dello scrivere che oggi piace universalmente. È troppo vero che non si può maneggiare in lingua italiana, e meno quanto all’indole che quanto alle parole. È troppo vero che l’influenza generale del  (1515) costume francese in Europa deve ed ha realmente mutata l’indole di tutte le lingue cólte, e le ha tutte francesizzate, ancor piú nel carattere che nelle voci. E in tutta Europa si travaglia a richiamar le lingue e letterature alla loro proprietà nazionale. Ma invano. Nelle parole, ch’é il