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(1391-1392-1393) pensieri 133

lontà e sulle determinazioni. È assai comune il vedere  (1392) una persona ostinarsi immobilmente a negare una verità di fatto o affermare una falsità di fatto, senza mai lasciarsi entrar nella mente un solo sospetto di potersi essere ingannato nel vedere ec. ec. Insomma l’incredulità bene spesso, anzi il piú d’ordinario, non deriva se non da somma e stoltissima credulità. Per la credulità il piccolo spirito si persuade siffattamente della verità e certezza de’ suoi principii, del suo modo di vedere e giudicare, delle impossibilità ch’egli concepisce ec. che tutto quello che vi ripugna gli sembra assolutamente falso, qualunque prova v’abbia in contrario; perché la credulità che immobilmente lo attacca alle precedenti sue idee, lo stacca dalle nuove e lo fa incredulissimo. E cosí l’eccesso di credulità causa l’eccesso d’incredulità e impedisce i progressi dello spirito ec. Gli uomini piú persuasi d’una cosa sono i piú difficili a persuadersi, se non si tratta di persuasioni affatto consentanee alle sue prime ec. Vedi, se vuoi, la p. 1281, principio (26 luglio 1821).


*    Piccolissimo è quello spirito che non è capace o è difficile al dubbio. Le ragioni le ho dette nel pensiero precedente e in quello al quale esso serve di giunta (27 luglio 1821).  (1393)


*   A volere che il ridicolo primieramente giovi, secondariamente piaccia vivamente e durevolmente, cioè la sua continuazione non annoi, deve cadere sopra qualcosa di serio e d’importante. Se il ridicolo cade sopra bagattelle e sopra, dirò quasi, lo stesso ridicolo, oltre che nulla giova, poco diletta, e presto annoia. Quanto piú la materia del ridicolo è seria, quanto piú importa, tanto il ridicolo è piú dilettevole, anche per il contrasto ec. Ne’ miei dialoghi io cercherò di portar la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i