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pensieri |
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l’avressimo saputo, e lo sapevamo già, senza studio: anzi lo studio solo e il voler sapere ci ha impedito di saperlo e di vederlo; il cercarlo ci ha impedito di trovarlo. E guardando in alto per informarci delle cose nostre, che ci stavano tra’ piedi visibilissime, chiarissime, e ordinatissime, non le abbiamo vedute e non le vediamo; e siamo per conseguenza caduti e cadiamo in tante fosse, primieramente di errori, secondariamente, che peggio è, di mali e infelicità. Quanto non si è studiato, che cosa non si è consultata, quali confronti non si son fatti, quali rapporti non osservati, quali secreti, quali misteri (493) scoperti o cercati di scoprire, quante scienze, quante arti, quante discipline inventate, quante istituzioni fatte, o politiche o morali o religiose ec. per iscoprire la nostra origine, i nostri destini, la natura delle cose, l’ordine universale, la nostra felicità! Ma noi eravamo felici naturalmente e tali quali eravamo nati, l’ordine delle cose era quello né piú né meno che ci stava innanzi agli occhi, quello ch’esisteva prima dei nostri studi, i quali non hanno fatto altro che turbarlo; la natura era quella che noi sentivamo senza studiarla, trovavamo senza cercarla, seguivamo senza osservarla, ci parlava senza interrogarla: il bene e il male era veramente quello che noi credevamo naturalmente tale: i nostri destini erano quelli ai quali correvamo naturalmente, come il fiume al mare: la verità reale era quella che sapevamo senz’avvedercene e senza pensare o credere di sapere. Tutto era relativo e noi abbiamo creduto tutto assoluto: noi stavamo bene come stavamo e perciò appunto ch’eravamo fatti cosí; ma noi abbiamo cercato il bene come diviso dalla nostra essenza, (494) separato dalla nostra facoltà intellettiva naturale e primigenia, riposto nelle astrazioni, e nelle forme universali. Si è ricorso al cielo e alla terra, ai sistemi i piú difficili (siano chimerici o sodi) in milioni di guise, per trovare quella felicità, quella condizione conveniente a noi, nella quale