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mondo) da quale di queste cagioni provenisse, o da ambedue insieme, il fatto sta che appena la lingua latina scritta prese forma stabile, e acquistò  (859) perfezione, si allontanò dalla parlata piú di quello che mai facesse lingua colta del mondo; pose e creò una somma distinzione fra la lingua degli scrittori, e quella del popolo; si allontanò quanto mai si possa dire dall’andamento e struttura naturale e comune e universale del discorso, senza però opporsi alla natura; e per tutte queste ragioni la lingua latina, non ostante l’estesissima diffusion della nazione, divenne la meno adattata alla universalità che mai si vedesse: e non ottenne, seppur vogliamo credere o dire che mai l’ottenesse, questa universalità, se non quando fu imbarbarita; e perduta la sua proprietà, la lingua scritta si confuse un’altra volta colla parlata, prese tante forme e caratteri, quanti popoli e scrittori l’adoperarono e divenne piuttosto una famiglia di lingue tutte barbare che una lingua universale né colta. Il che presto accadde e durò fino al nascere  (860) delle sue figlie, o piuttosto fino al crescere che queste fecero, e al separarsi da lei, perché per lungo tempo, siccome accade in tutte le lingue figlie, non si poterono considerare se non come parte di quella famiglia di lingue barbare contenute nella latina, smembrandosi questa e facendosi in brani, come il grande imperio della sua nazione, e contemporaneamente al di lui misero diflusso.

Del resto la lingua latina scritta ne’ primi veri e formati classici di essa fu ridotta a tale artifizio, squisitezza, tortuosità, intrecciatura, composizione, lavoro, circuito, tessitura di periodi, obliquità di costruzione ec., acquistò subito cosí stretta proprietà di modi, di frasi, di voci, proprietà inviolabile senza offesa formale della lingua, tanto precisa distinzione nell’uso de’ suoi sinonimi, ossia delle innumerabili voci destinate alla significazione delle nuances di uno