218 |
pensieri |
(845-846-847) |
pre appresso a poco, in proporzione dell’antichità rispettiva. Gli scrittori che successero a questi, benché buoni ancor essi, benché lontani dalla turgidezza, dall’arguzia, dalla decisa oscurità, dalla soverchia intralciatura, dalla immodestia dello stile e della lingua, allontanarono però moltissimo la lingua greca, da quella nativa, nuda, schietta, spontanea, facile bellezza e grazia de’ suoi ottimi e primi scrittori, e sforzarono la sua primitiva natura ed indole, accostandola piuttosto alla struttura latina, che alla propria sua. Questo si nota in Polibio, in Dionigi d’Alicarnasso, ma molto piú ne’ susseguenti, come in Luciano, molto piú e soprattutto in Longino. Scrittori elegantissimi, (846) di eleganza non affettata, non impura, non corrotta, non malsana, ma diversa da quella semplicissima eleganza dell’antica lingua greca, e se non contraria e ripugnante, certo rimota dall’indole e dal costume suo primitivo: nello stesso modo che si può dire di alcuni cinquecentisti modellatisi forse troppo sui latini, e non perciò corrotti, né affettati, né ripugnanti all’indole della lingua italiana, ma diversi dal di lei primitivo costume manifestato nei trecentisti; appresso i quali la lingua italiana, come somiglia moltissimo nell’andamento alla greca, cosí ebbe poi a patire quella stessa, benché per se medesima non cattiva, diversificazione che patí, come ho detto, la lingua greca; e come questa, cessare appoco appoco da quella parità di linguaggio ch’era tra gli scrittori e la nazione nell’una e nell’altra lingua, come della greca lo dirò poi. Di facilissima ch’era l’antica scrittura greca, divenne appoco a poco, se non oscura, certo difficile, essendo declinata in quell’idioma lavorato ed ornato, che o nello stesso (847) tempo o poco prima o dopo divenne proprio de’ latini, da’ quali io non discrederei che fosse passato quel costume e quel gusto ai greci (ma bisognerebbe esaminare gli scrittori greci intermedii fra Demostene, e quelli che furono ai tempi romani);