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(774-775-776) | pensieri | 179 |
state aperte da cinque secoli. Ma lasciando le burle, do e non concedo che la lingua italiana sia stata già (775) portata dagli scrittori a quella somma perfezione a cui possa pervenire in ordine a tutte le altre qualità, (errore manifestissimo, ma lasciamolo passare). Nella ricchezza, copia e varietà nego che veruna lingua del mondo, o attuale o possibile, possa mai essere perfetta finché non muore. E ciò nasce che le cose ancora vivono sempre, e si modificano sempre novellamente e si moltiplicano le conosciute: ora una lingua non è mai perfettamente ricca, anzi perfettamente fornita del necessario, finch’ella non può esprimere perfettamente e convenientemente tutte le cose e tutte le possibili modificazioni delle cose di questo mondo. Sicché una lingua non avrà piú mestieri di accrescimento, allora solo quando o essa o il mondo sarà finito.
Quali effetti produca poi e quanto sia pericoloso il volere arrestare una lingua, come già perfetta, e lo scoraggirsi di accrescerla, per la persuasione (776) che ciò non sia piú necessario né lecito e giovevole né possibile, si può vedere in quello che ho detto della lingua latina.
E prima di partire da questo soggetto della ricchezza e copia e bontà generale e potenza delle lingue procurata principalmente dalla copia e varietà ed ingegno degli scrittori, osserverò che quella medesima superiorità di circostanza ch’ebbe la lingua greca sulla latina e che fu seguíta dall’effetto di restarle realmente e sempre superiore nella sostanza, l’abbiamo noi pure sopra tutte le altre lingue viventi e cólte. Perché, siccome la coltura della lingua greca e gli scrittori suoi incominciati assai per tempo abbracciarono lunghissimo spazio e il loro numero fu grande in ciascun tempo, e siccome in proporzione di questo spazio e di questo numero la ricchezza e varietà e potenza della lingua greca crebbe in modo che non poté