Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/185

172 pensieri (762-763)

e particelle. E cosí gli altri antichi nostri. Ma a noi pure è avvenuto, come ai latini, che questa onnipotente facoltà, propria della primitiva natura della nostra lingua (sebbene allora pure in minor grado non solo della greca, ma anche della latina), s’è lasciata malamente e sfortunatamente perdere quasi del tutto, ancorché si conservino buona parte di quelli che si sono trovati in uso e si adoprino come recentissimi, attestando continuamente la primiera facoltà e natura della nostra lingua; ma de’ veramente nuovi e recenti non si gradiscono. E tutto questo appresso a poco è avvenuto anche alla lingua francese. Vedi p. 805. Dei composti, dunque, gli scrittori di oggidí non hanno gran facoltà, ma non però nessuna (tanto in italiano che in francese): anzi ce ne resta ancor tanta da potere, senza  (763) la menoma affettazione, formare e introdurre molti nuovi composti chiarissimi, facilissimi, naturalissimi, mollissimi per l’una parte, e per l’altra utilissimi, specialmente con preposizioni e particelle ec. Quanto poi ai derivati d’ogni specie (purché sieno secondo l’indole e le regole della lingua e non riescano né oscuri né affettati) e a qualunque parola nuova che si possa cavare dalle esistenti nella nostra lingua, che stoltezza è questa di presumere che una parola di origine e d’indole italianissima, di significazione chiarissima, di uso non affettata né strana ma naturalissima, di suono finalmente non disgrato all’orecchio, non sia italiana ma barbara, e non si possa né pronunziare ne scrivere, per questo solo che non è registrata nel vocabolario? (e quello che dico delle parole dico anche delle locuzioni e modi e dei nuovi usi qualunque delle parole o frasi ec. già correnti, purché questi abbiano le dette condizioni). Quasi che la lingua italiana sola, a differenza di tutte le altre esistenti e di qualunque ha mai esistito, si debba, mentre ancor vive nell’uso quotidiano della nazione, considerar come morta e morire vivendo ed