Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
(452-453-454) | pensieri | 479 |
tutta la possibile perfezione, vedilo nell’Essai sur l’indifférence en matière de religion, una ventina di pagg. dopo il principio del capo X. (22 dicembre 1820).
* Tanto è vero che lo straordinario è fonte di (453) grazia, che gli uomini malvagi, purché la loro malvagità abbia un carattere deciso, aperto, franco, coraggioso, sia una malvagità schietta forte e costante, non timida, indecisa, nascosta, variabile ec. come quella di tutti, questi tali fanno per lo piú fortuna colle donne a preferenza dei buoni. Non già solamente perché i malvagi sono piú furbi dei buoni, ma propriamente per questo che sono malvagi, e perché quel non so che di coraggioso, di fiero ec.; insomma di straordinario che ha quella tale malvagità, picca e piace, e rende amabile. Cosí che lo stesso odioso diventa amabile, perciò appunto ch’essendo decisamente odioso viene a essere straordinario. (22 dicembre 1820).
* Clarissimum deinde omnium ludicrum certamen, et ad excitandam (alii legunt exercitandum, sed non probatur) corporis animique virtutem efficacissimum, Olympiorum, initium habuit. Velleius Hist. rom., l. I, c. 8 (22 dicembre 1820).
* Quale idea avessero gli antichi della felicità, e quindi dell’infelicità, dell’uomo in questa vita, della sua gloria, delle sue imprese, e come tutto ciò paresse loro solido e reale, (454) si può arguire anche da questo, che delle grandi felicità ed imprese umane ne credevano invidiosi gli stessi Dei, e temevano perciò l’invidia loro, ed era lor cura in tali casi deprecari la divina invidia, in maniera che stimavano anche fortuna, e, se ben mi ricordo, si procuravano espressamente qualche leggero male, per dare soddisfazione agli Dei, e mitigare l’invidia loro. Deos immortales