Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/480

452 pensieri (409-410-411)

un richiamo fatto dalla ragione, non può esser altro che persuasione di esse illusioni. Dopo ch’esse son conosciute, come ci torneremmo, se non (410) ci persuadessimo di nuovo che fossero vere? Un ritorno della ragione, non ragionato, ma solamente volontario, non può esser che vano, istabile e passeggero, come quello de’ moderni filosofi sensibili, che, cercando a piú potere di riprendere le illusioni perdute, ci riescono, al piú, momentaneamente, e del resto passano la vita nella freddezza, indifferenza e morte. Dopo la cognizione pertanto, non possiamo tornare alle illusioni, cioè ripersuadercene, se non conoscendo che son vere. Ma non son vere se non rispetto a Dio e ad un’altra vita. Rispetto a Dio ch’é la virtú, la bellezza ec. personificata, la virtú, sostanza e non fantasma, come nell’ordine delle cose create. Rispetto a un’altra vita, dove la speranza sarà realizzata, la virtú e l’eroismo premiato ec., dove insomma le illusioni non saranno piú illusioni ma realtà. Dunque la perfezion della ragione (tanto rispetto a questa come all’altra vita, perché ho mostrato che la perfezione rispetto a questa vita dipende dalla perfezione rispetto all’altra) consiste formalmente nella cognizione di un altro mondo. In questa cognizione dunque consiste la perfezione e quindi la felicità dell’uomo corrotto. Dunque l’uomo corrotto non poteva esser perfezionato né felicitato se non dalla rivelazione, ossia dalla religione. Ed ecco strettamente (411) dimostrato e dichiarato come all’uomo corrotto sia necessaria quella cognizione, ch’era contraria alla natura dell’uomo primitivo; e come il cristianesimo divinizzando la ragione e il sapere non si opponga al mio sistema che divinizza la natura nemica della ragione e del sapere.

9°. L’esperienza conferma che l’uomo qual è ridotto non può esser felice sodamente e durevolmente (quanto può esserlo quaggiú) se non in uno stato (ma veramente) religioso, cioè che dia un corpo e una ve-