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382 pensieri (309-310-311)

oú l’on vit encore pour ce qui plaît, et oú l’on se retire pour ce qui incommode, il jouit des plaisirs purs. Ib., p. 227.


*   Di uno sciocco che sempre vien fuori colla logica, dove ha gran presunzione e la caccia in tutti i discorsi: Egli è propriamente l’uomo definito alla greca; un animale logico.


*   Il gusto decisamente di preferenza che ha questo secolo per le materie politiche è una conseguenza immediata e naturale della semplice diffusione dei lumi ed estinzione dei pregiudizi. Perché, quando per una parte non si pensa piú colla mente altrui e le opinioni non dipendono piú dalla tradizione, (310) per l’altra il sapere non è piú proprio solamente di pochi, i quali non potrebbero formare il gusto comune; allora le considerazioni cadono necessariamente sopra le cose che c’interessano piú da vicino, piú fortemente, piú universalmente. L’uomo pregiudicato o irriflessivo segue l’abitudine, lascia andar le cose come vanno, e perché vanno e sono andate cosí, non pensa che possano andar meglio. Ma l’uomo spregiudicato e avvezzo a riflettere, com’é possibile che, essendo la politica in relazione continua colla sua vita, non la renda l’oggetto principale delle sue riflessioni e per conseguenza del suo gusto? Nei secoli passati, come in quello di Luigi XIV, anche gli uomini abili, non essendo né spregiudicati, né principalmente riflessivi, della politica conservavano l’antica idea, cioè che stesse bene come stava e toccasse a pensarvi solamente a chi aveva in mano gli affari. Piú tardi, gli uomini spregiudicati non mancavano, ma eran pochi; pensavano e parlavano di politica, ma il gusto non poteva essere universale. Aggiungete che i letterati e i sapienti per lo piú vivono in una certa lontananza dal mondo; perciò la politica non toccava il sapiente cosí dappresso, non gli stava tanto avanti gli occhi, non era in tanta relazione (311) colla sua