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(26-27) | pensieri | 115 |
vago e quell’incerto ch’è tanto propriamente e sommamente poetico, e destando immagini delle quali non sia evidente la ragione ma quasi nascosta, e tale ch’elle paiano accidentali e non procurate dal poeta in nessun modo, ma quasi ispirate da cosa invisibile e incomprensibile e da quell’ineffabile ondeggiamento del poeta, che, quando è veramente inspirato dalla natura dalla campagna e da checchessia, non sa veramente com’esprimere quello che sente, se non in modo vago e incerto, ed è perciò naturalissimo che le immagini che destano le sue parole appariscano accidentali.
* Le piú belle canzoni del Chiabrera non sono per la maggior parte altro che bellissimi abbozzi.
* Che il Filicaja seguisse lo stile profetico (cosí appunto dicevano quei due che ora citerò) lo scrive anche il Redi nelle sue lettere, e similmente del Guidi dice il Crescimbeni nella sua vita che, quantunque paia come il Chiabrera, aver bevuto ai fonti greci, nondimeno molto sembra aver preso dall’ebraico; talché la sua apparenza ha assai piú del profetico che del pindarico, (27) e soggiunge che in un certo libro si dice di lui che da alcune forme di Dante, e del Chiabrera accoppiate con certi modi delle orientali favelle ha preso il suo stile. E aggiunge egli subito: E questa senza fallo è la cagione, per la quale vien dato al carattere del Guidi il pregio di nuovo nel nostro idioma. E finalmente riferisce l’intenzione dello stesso Guidi, intesa dalla di lui stessa bocca da esso Crescimbeni, e massime rispetto alla traduzione delle sei omelie che il Guidi fece per lasciare a’ posteri almeno in ombra l’imitazione totale del carattere profetico anche rispetto agli argomenti; cioè un genere di poesia sacra, che si vedesse trattata col gusto davidico e con l’entusiasmo de’ profeti.