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gerazioni forestiere, accomodato allo stato della coltura, timido nelle innovazioni, e tenuto in freno dalle tradizioni letterarie e dal carattere nazionale. Un romanticismo così fatto non era che lo sviluppo della nuova letteratura sorta col Parini, e rimaneva nelle sue forme e ne’ suoi colori prettamente italiano.

In effetti, i punti sostanziali di questo romanticismo concordano col movimento iniziato nel secolo scorso, e non è maraviglia che la lotta continuata con tanto furore e con tanta confusione finì nella piena indifferenza del popolo italiano, che riconosceva sè stesso nelle due schiere. Volevano i romantici che l’Italia lasciasse i temi classici? E già n’era venuto il fastidio, e avevi l’Ossian, il Saul, la Ricciarda, il Bardo della selva nera. Volevano che i personaggi fossero presi dal vero? e che le forme fossero semplici e naturali? Ed ecco là Goldoni, che predicava il medesimo. Spregiavano la vuota forma? E sotto questa bandiera avevano militato Parini, Alfieri e Foscolo, e appunto la risurrezione del contenuto, la ristorazione della coscienza era il carattere della nuova letteratura. Cosa erano le tre unità e la mitologia, pomo della discordia, se non quistioni accessorie nella stessa famiglia? Fino un concetto del mondo meno assoluto e rigido, umano e anco religioso intravedevi ne’ Sepolcri di Foscolo e d’Ippolito Pindemonte. Adunque la scuola romantica, se per il suo nome, per le sue relazioni, pe’ suoi studii, e per le sue impressioni si legava a tradizioni tedesche e a mode francesi, rimase nel fondo scuola italiana per il suo accento, le sue aspirazioni, le sue forme, i suoi motivi, anzi fu la stessa scuola del secolo andato, che dopo le grandi illusioni, e i grandi disinganni ritornava a’ suoi principii, alla naturalezza di Goldoni e alla temperanza di Parini. Erano di quella scuola più i romantici, i quali avevano aria di combatterla, che i classici suoi eredi di nome, ma eredi