Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/437


― 427 ―

comprendeva e glorificava tutta la coltura. Orfeo annunzia al suono della lira la nuova civiltà, che ha la sua apoteosi nella Scuola di Atene, ispirazione dantesca di Raffaello, rimasta così popolare, perchè ivi è l’anima del secolo, la sua sintesi e la sua divinità. Questa Scuola d’Atene con i tre quadri compagni, che comprendono nel loro sviluppo storico teologia, poesia e giurisprudenza, è il poema della coltura, di così larghe proporzioni, come il Paradiso di Dante, aggiuntovi il Limbo. Il quadro diviene una vera composizione, come lo vagheggiava Dante ne’ suoi dipinti del Purgatorio: il suo santo Stefano e il suo Davide hanno un riscontro nel Cenacolo, nella Sacra famiglia, nella Trasfigurazione, nel Giudizio, poemi sparsi qua e là di presentimenti drammatici. Il pittore vagheggia la bellezza nella forma come l’Alberti o il Poliziano, e studia possibilmente a non alterare con troppo vivaci commozioni la serenità e il riposo dei lineamenti: perciò riescono figure epiche anzi che drammatiche. Quel non so che tranquillo e soddisfatto, che senti nelle stanze del Poliziano, e ti avvicina più al riposo della natura che all’agitazione della faccia umana, quella pace tranquilla senz’alcun’ affanno è l’impronta di queste belle forme; salvo che quella pace non è già simile a quella che nel cielo india, un ideale musicale, come Beatrice e Laura, ma vien fuori da uno studio del reale ne’ suoi più minuti particolari. Senti che il pittore ha innanzi un modello accuratamente studiato e contemplato con amore, che nella sua immaginazione si compie, e prende quella purezza e riposo di forma, che Raffaello chiamava una certa idea. In questa certa idea ci entra pure alcun poco il classico, il convenzionale e la scuola; difetti appena visibili ne’ lavori geniali, usciti da una sincera ispirazione, dove domina il sentimento della bellezza e lo studio del reale. Così nacquero le Madonne del secolo, nella cui fisonomia non è l’inquietudine, l’astrazione e