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accordo di pause e di tono, armonizzati con suoni così freschi e soavi, che sembrano le voci di un solo motivo, e te ne viene non all’occhio ma all’anima l’insieme, ed è quel senso d’intima soddisfazione, che ti dà la primavera, la voluttà della natura. In Dante non ci è voluttà, ma ebbrezza: così è trascendente. Nel Boccaccio non ci è voluttà, ma sensualità. La voluttà è la Musa della nuova letteratura, è l’ideale della carne o del senso, è il senso trasportato nell’immaginazione e raffinato, divenuto sentimento. Qui è una voluttà tutta idillica, un godimento della Natura senz’altro fine che il godimento, con perfetta obblivione di tutto l’altro; senti le prime e fresche aure di questo mondo della natura assaporato da un’anima, il cui universo era la villetta di Fiesole illuminata e abbellita da Teocrito e da Virgilio. Da questa doppia ispirazione, un intimo godimento della natura accompagnato con un sentimento puro e delicato della forma e della bellezza, sviluppato ed educato dai classici, è uscito il nuovo ideale della letteratura, l’ideale delle stanze, una tranquillità e soddisfazione interiore piena di grazia e di delicatezza nella maggior pulitezza ed eleganza della forma; ciò che possiamo chiamare in due parole: voluttà idillica. Il contenuto di questo ideale è l’età dell’oro e la vita campestre, con tutto il corteggio della mitologia, ninfe, pastori, fauni, satiri, driadi, divinità celesti e campestri, in una scala che dal più puro e più delicato va sino al lascivo ed al licenzioso. La forma è il descrittivo ammollito e liquefatto in dolci note musicali, quale apparisce nell’Orfeo e nelle Stanze, i due modelli di questa letteratura, che iniziata nel Boccaccio andrà fino al Metastasio.

La quale non è lavoro solitario di letterato nel silenzio del gabinetto, ma è lo spirito stesso della società, come si andava atteggiando, colto nelle costumanze e feste pubbliche. Centro di questo movimento è Lorenzo de' Medici,