Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/157


― 147 ―

mistero. Uscita pura dalle mani di Dio che la vagheggia, è sottoposta quaggiù al male e al dolore, e non può tornare nella patria, che purificata di ogni macula terrestre. Per giungere a pace bisogna passare per tre gradi, personificati ne’ tre esseri, Umano, Spoglia e Rinnova, e a’ quali rispondono i tre mondi, inferno, purgatorio e paradiso. Il mistero e la storia finisce al primo grado, quando l’anima sopraffatta dall’umano e vinta nella sua battaglia col demonio, viene in potere di questo, è la tragedia dell’anima, la tragedia di Fausto, prima che Goethe, ispirato da Dante, lo avesse riscattato. Ma quando l’anima vince le tentazioni del demonio, e si spoglia e si purga dell’umano, hai la sua glorificazione nell’eterna pace: hai la commedia dell’anima. Questo è il mistero, ora tragedia, ora commedia, secondo che prevale l’umano o il divino, il terrestre o il celeste, che giace in fondo a tutte le rappresentazioni e a tutte le leggende di quell’età. Messo in iscena era detto rappresentazione; narrato era leggenda o vita; esposto in figura, era allegoria; rappresentato in modo diretto e immediato, era visione; anzi le due forme si compenetravano, e spesso l’allegoria era una visione, e la visione era allegoria. Allegorie, visioni, leggende, rappresentazioni erano diverse forme di questo mistero dell’anima, del quale i teologi erano i filosofi, e i predicatori erano gli oratori, che aggiungevano spesso alla dottrina l’esempio, qualche leggenda o visione, com’è nello Specchio di vera penitenza.

Il mistero dell’anima era in fondo tutta una metafisica religiosa, che comprendeva i più delicati e sostanziali problemi della vita, e produceva una civiltà a sè conforme. Ci entrava l’individuo e la società, la filosofia e la letteratura.

La letteratura volgare in senso prettamente religioso si stende per due secoli da Francesco di Assisi e Iacopone sino a Caterina. L’allegoria dell’anima, la rappresentazione del