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se non una volta Tanno perchè dall’intrata d’Aprile ìnfino alla fine di Ottobre li venti sono occidentali (meglio: di S. O.), sicché niuno potrebbe navigare inverso Occidente, e poi lo contrario, cioè dal mese di Ottobre infino al Marzo». E già avemmo occasione di ricordare le importanti osservazioni fatte, sul medesimo argomento, da Giordano de Séverac, nel 13281, e quelle anteriori, di Marco Polo intorno alla periodicità dei monsoni nei mari meridionali della Cina2.

I Missionari che, primi tra gli Europei, visitarono gli altipiani dell’Asia Centrale, non potevano a meno di essere colpiti dalla mancanza quasi assoluta di precipitazione atmosferica che ne forma la principale caratteristica meteorologica. A questo riguardo sono di grande interesse le osservazioni del Carpini, a loro luogo riportate3.

Le abbondanti piogge che cadono sul suolo irlandese sono giustamente attribuite da Giraldo de Barri o Cambrense (nato nel 1147) ai venti occidentali dominanti nella parte nord dell’Atlantico europeo: per la stessa ragione i tronchi degli alberi pendono tutti nella direzione opposta, cioè verso oriente. E come si producano le piogge è spiegato chiaramente da Vincenzo di Beauvais, il quale dice che l’aria calda delle pianure si condensa lungo i fianchi, più freddi, delle montagne, convertendosi dapprima in nebbia, e cadendo quindi sotto forma di pioggia4. Ed esattamente osserva il medesimo scrittore che il mare è continuamente impoverito dalla evaporazione, e che il vapore acqueo, condensandosi, cade sulla terraferma, vi forma le sorgenti, e queste alla loro volta, alimentando i fiumi, ritornano all’Oceano l’acqua perduta5.

Secondo altri, invece, il mare penetra, per mezzo di canali sotterranei, nei continenti, deposita, durante il cammino, le materie saline, e ritorna quindi alla superficie sotto forma di sorgenti d’acqua dolce. Strana teoria che si vede espressa dall’autore anonimo di un trattato del secolo 13° dal titolo Imago mundi, e dall’autore della Carta catalana del 13756.

Sulla circolazione delle acque e sulla idrografia fluviale si trovano nella citata opera di Ristoro d’Arezzo alcune osservazioni di grande interesse, le quali tendono a dimostrare primieramente che l’acqua deve continuamente entrare nel mare ed escirne continuamente, con che si spiega il detto volgare, che i fiumi escono dal mare ed entrano nel mare7; in secondo luogo, che «i fiumi non debbono tutti correre in

  1. V. pag. 133 e Peschel, Geschichte der Erdkunde, 1ª Edizione, pag. 203 e la nota 1ª.
  2. V. pag. 117.
  3. V. pag. 78.
  4. Speculum naturale, VII, 23.
  5. Speculum naturale, VI, 8.
  6. Peschel, Op. cit., pag. 204 e nota 2ª.
  7. Ristoro d’Arezzo, Op. cit., pag. 152 e 153.