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gli antipodi, non è molto diversa da quella, che v’ha tra gli Orientali e gli Occidentali (Lib. II, Cap. V)1.


5. Marciano Capella. — Di poco posteriore a Macrobio fu Marciano Capella, cartaginese, presso il quale trovasi forse l’ultima eco del concetto ellenico sulla sfericità della Terra in un periodo del bizzarro trattato De Nuptiis Philologiae et Mercurii (Libro VI), in cui è detto, che la forma della Terra non è nè piana, nè concava, ma sì rotonda globosa. La medesima opera di Marciano Capella è pure importante, perchè tutto ci induce a ritenere che il materiale del Libro VIII sia un estratto dei Libri dell’Astronomia, sfortunatamente perduti, di Terenzio Varrone (116-27 av. C.), nei quali è esposto il sistema astronomico immaginato da Eraclide Pontico (contemporaneo di Platone), e generalmente noto col nome di sistema egizio2.


6. Procopio di Cesarea e Stefano di Bisanzio. — Tra gli scrittori bizantini, dai quali si possono trarre importanti notizie geografiche, vogliono essere ricordati Procopio di Cesarea e Stefano di Bisanzio, amendue del secolo VI. Nei libri di Procopio sono specialmente interessanti le informazioni intorno alla Mesopotamia, ai paesi del Caucaso, alla regione africana dell’Atlante, ed all’Europa germanica. Le sue descrizioni delle lontane terre dell’Occidente sono però, quasi tutte, miste di cose favolose, e rivelano una grande ignoranza geografica. Cento anni appena erano trascorsi dal tempo in cui i Romani avevano definitivamente abbandonato la Gran Bretagna, e tuttavia lo scrittore bizantino aveva di quell’isola un’idea così incerta e confusa da credere che essa fosse divisa in due parti, e da mezzodì a settentrione — anzichè da oriente ad occidente — dalle opere di difesa costruttevi dai Romani sotto Adriano, Antonino e Settimio Severo. La parte orientale, secondo Pro-


  1. Leopardi, loc. cit.
  2. In questo sistema il Sole è posto al centro dei movimenti di Venere e di Mercurio: esso segna adunque un passo importante verso la dottrina Copernicana. V. G. Schiaparelli, I precursori di Copernico nell’antichità, pag. 26 e 27.