Grandissima era la quantità delle biade che si raccoglievano massimamente in Etruria, ne’ Volsci, nel Piceno, nella Campania e in Puglia. In qualche luogo il terreno vi rendeva dieci per uno; in alcun altro quindici, come in Etruria1. Abbondava sopra tutto la spelta2, che Ovidio chiama sementa tosca3, e il farro nutrimento ancor più comune del popolo4: fra le biade minute il panico e il miglio, rimedio, dice Strabone, contro alla fame5, veniva in maggior copia nelle pianure umide dell’alta Italia6. E qui torna bene avvertire per cosa notabile, che le generazioni delle biade tutte hanno nomi speciali non greci. Con la stessa cura si governavano nei colti rape, porri, navoni, e altre qualità radici cibarie ed ortaggi, per essere dovunque di più facile e sicura raccolta7. Cresceva in abbondanza la vite nelle sassose colline della Toscana: antichissima e sacra erane la cultura pe’ Sabini8: più assai propagata con ceppi tenuti bassi per l’Italia meridionale, che i grammatici vogliono per ciò
- ↑ Ut in Hetruria, et locis aliquot in Italia. Varro r. r. i. 44.
- ↑ Triticum spelta.
- ↑ Tuscum semen. Ovid. de medic. faciei v. 65. Il comico Ermippo (ap. Athen. i. 21.) noverando i doni fatti da Bacco agli uomini dice ironicamente, che dall’Italia recava l’alica e le costole di bove: Ἐκ δ´ ὰυ Ίταλίας χόνδρον καὶ πλευρα βόεια.
- ↑ Plin. xviii. 8.; Varro l. l. iv. 22.; Valer. Max. ii. 5. 5.
- ↑ Strabo. v. p. 151.
- ↑ Polyb. ii. 16.; Plin. xviii. 10.
- ↑ Plin. xviii. 13., xix. 5.; Columell. x. 136. sqq.
- ↑ Virgil. vii. 178. Vedi sopra p. 122.