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CAPO XIV. 273

fiume Literno1, con altre minori riviere impaludate, tenevano quivi per innanzi il nome di Clanis o Clan: appellativo propriamente italico, e di per tutto ugualmente appropriato a’ luoghi paludosi2. Intorno a Cuma le cure dei Greci non furono bastanti a seccarvi la palude, gli stagni, ed il suolo acquidoso3: tra le foci stesse del Vulturno e del Literno dura ancora l’arenosa boscaglia Gallinaria ricoperta di pini4: ed è notissima a tutti la cupa selva dell’Averno, che fu tagliata soltanto per comandamento d’Agrippa5. In condizione dunque molto più infelice e malsana han dovuto trovare il paese sì gli occupatori Greci dell’Eubea, come gli Etruschi, ambo i quali vennero a stanziarsi sotto un cielo sì clemente. I primi, giunti qua per mare, tolsero per se buona parte del lido e l’isole vicine; all’opposto gli Etruschi venendo dritto dai Volsci trapassarono il Vulturno, e di quivi costeggiando i monti del Sannio s’avanzarono dentro terra fino al Silaro, che fu il confine fermo della conquista.

È impossibile a dirsi chi fosse di loro il primo; ma si può aver per certo che i paesani Osci, già in-

  1. Stagnisque palustre Liternum. Sil. viii. 531. vi. 653: ivi presso è notissima a tutti la palude di Patria.
  2. Vedi p. 236. n. 44. p. 241. n. 72.
  3. Acherusia palus Cumis vicina. Plin. iii. 5.; Strabo v. p. 168.; Dionys. viii. 3.
  4. Gallinaria pinus. Juvenal. iii. 307.
  5. Strabo v. p. 169.
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