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Sonetti del 1838 151

tesia gli disse: Soomàro. Queste particolarità io seppi da un novizio cavaliere gerosolimitano, che stava in anticamera facendo il servizio sostituito recentemente alle disusate carovane del sacro ordine degli Ospitalieri.      4 [La foglietta era la misura più comune del vino, e conteneva poco più di mezzo litro.]      5 Quale città si potrebbe reggere.      6 Montecitorio è il palazzo dei tribunali camerati.      7 E amministrare la giustizia.      8 Pure.      9 Chi sa scrivere e leggere.      10 Son tutti uguali. Moltissimi punti di eguaglianza si troverebbero ne’ due governi, incominciando dalla teocrazia e terminando alla corrispondenza che passa fra Camera e Porta.


LI RIVORTOSI.1

     Chiameli allibberali, o fframmasoni,
O ccarbonari, è ssempre una pappina:2
È ssempre canajjaccia ggiacubbina
Da levàssela3 for de li c.......

     E ppe’ Ppapi io vorìa4 tanti Neroni,
Che la mannàra de la quajjottina5
Fascéssino6 arrotalla oggni matina
Acciò er zangue curressi7 a ffuntanoni.

     Tu accèttua noàntri8 in camisciola9
E li preti e li frati, er rimanente
Vacce a la sceca10 e sségheje la gola.

     Perchè è mmejjo a scannà cquarch’innoscente,
De quer che ssia ch’una caroggna sola
Resti in ner monno a impuzzolì la ggente.

2 settembre 1838.



  1. [Questo sonetto, come parecchi altri (V., per esempio: A li ggiacubbini, 19 magg. 33, La serenata ecc., 28 ott. 33, Er Governo ecc., 5 apr. 34) ritrae i sentimenti di quella, allora assai numerosa, parte di plebe, che rimasta fedele al Papato, lo difendeva col bastone e col coltello. Nè a ciò fare le mancavano esempi o incitamenti dall’alto. Per la Voce della Verità di Modena, “i liberali erano o Massoni, o Carbonari, o Mazziniani; e tutti come nemici dell’altare e del trono (vecchia ed ormai rancida frase) parificati ai ladroni delle pubbliche vie, e meritevoli d’essere, ad un cenno sovrano, senza scrupolo sterminati.... Un opuscoletto stampato nella Tipografia ducale (1841) tornava ad avvertire i Principi, affinchè lasciate le vie della mansuetudine e della tolleranza (quasi avessero abbondato, tranne il Granduca toscano, nella clemenza) venissero alla prova del sangue; e finiva con feroce e spudorata sentenza dicendo, che il Principe più pietoso, quello è che tiene per primo ministro il carnefice. Così parlavano sotto gli auspici del Duca i Sanfedisti ed i Gesuiti infeudati in quella svergognata effemeride.„ Poggi, Op. e vol. cit., pagine 274-75.]
  2. È sempre la stessa cosa. [Ma pappina, propriamente, è “quel gelato molto dozzinale che si va vendendo per le strade.„ E significa anche “colpo, battitura.„]
  3. Da levarsela.
  4. Io vorrei.
  5. La mannaia della ghigliottina.
  6. Facessero.
  7. Corresse.
  8. Eccettua noi altri.
  9. [In giacchetta. V. però la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32.].
  10. Vacci alla cieca.