Er governo de li ggiacubbini
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ER GOVERNO DE LI GGIACUBBINI.
Iddio ne guardi, Iddio ne guardi, Checca,
Toccassi1 a ccommannà a li ggiacubbini:
Vederessi2 una razza d’assassini
Peggio assai de li Turchi de la Mecca.3
Pe’ aringrassasse4 la panzaccia secca
Assetata e affamata de quadrini,
Vederessi mannà cco’ li facchini
Li calisci de Ddio tutti a la zecca.
Vederessi sta manica de ladri
Raschià ddrent’a le cchiese der Ziggnore
L’oro da le cornisce de li quadri.
Vederessi strappà ssenza rosore5
Li fijji da le bbraccia de li padri:
Che ssarìa mejjo de strappajje er core.6
5 aprile 1834.
Note
- ↑ Toccasse.
- ↑ Vedresti.
- ↑ [Per i Romaneschi, qualunque paese lontano e d’infedeli è sempre la Mecca. Tutti i Turchi dunque son della Mecca.]
- ↑ Ringrassarsi.
- ↑ Rossore.
- ↑ [Tutto il sonetto ritrae fedelmente l’opinione che aveva de’ liberali una gran parte della plebe, sobillata dai sanfedisti. I quali, profittando della memoria ancor fresca delle ladrerie e delle altre iniquità commesse in Italia dai sanculotti francesi, si sforzavano di propagar la credenza che tutti i liberali nostri fossero della stessa risma. E lo facevano cosi apertamente, che nella Notificazione del 14 febbraio 1831 il cardinal Bernetti, Prosegretario di Stato, osava stampare queste testuali parole: “Il progetto già conosciuto di questi ribaldi è il saccheggio non meno delle pubbliche che delle private proprietà, e colla lusinga di queste prede hanno cercato di acquistar seguaci, e quindi di tentar la rivolta.„]