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234 Sonetti del 1831

LA LINGUA TAJJANA.1

     Eh zia, quela regazza che sse vede,
Guercia, a Pponte Sant’Angelo,2 la festa,
Che sta llì a ssede, e ttrìttica3 la testa,
Zia, chiede la lemosina? la chiede? —

     E cche mmaniera di discorre è cquesta?!
Bèstia, se disce sédere e nno ssede.4
Nun zerve, cqui sse predica la fede
In Ghetto,5 se fa el brodo in d’una scesta.6

     Guardatela mo llì la pupa nèrcia!7
Ha mommó dodiscianni su la groppa,
E ancora nun za ddì cceca ma gguercia!8

     Ehéi! cqua nun ze trotta, se galoppa!
Cqua la matassa è fràscica e nno llercia.9
Va bbene un po’, ma cquanno è ttroppa, è ttroppa.10

28 novembre 1831.

  1. Italiana. [Per gustar meglio questo sonetto, bisogna leggere i due sul parlà ciovìle, 20 e 21 ott. 31.]
  2. L’antico ponte Elio, poi detto Adriano, quindi San Pietro e finalmente Sant’Angiolo.
  3. “Tremola,„ in senso attivo.
  4. [Parente di questa zia doveva essere quel poeta estemporaneo che cominciò un suo improvviso co’ versi: “È bello il védere Di fiori un mazzo...;„ e uno lo interruppe: “Mettiti a sédere, Testa di c....!„]
  5. Ricinto degli Ebrei.
  6. Proverbio.
  7. Bambina tristanzuola. [C’è anche canèrcia, aggettivo che si dà alla lana, quando, invece d’esser di pecora, è di cane. Per traslato poi, si dice lana canèrcia a uno di cui non possiamo fidarci.]
  8. Proverbio.
  9. Fracida e non già fragile. Proverbio.
  10. [L’ignoranza.]