Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/516

204 Sonetti del 1831

LA CORDA AR CORZO.

     Cqui, e cquant’è ggranne Roma1 l’aricorda,
Propio in ner mezzo a sta ritiratella,2
C’era piantato un trave e una ggirella,
Dove prima sce daveno3 la corda.4

     Sto ggiucarello era una lima sorda,
O ffussi a tratti oppuro a ccampanella,5
Ché cchi ss’è intesa in petto la rotella
De le spalle,6 pe’ ddio nun ze ne scorda.

     Sia benedetto sempre er cavalletto!7
Armanco mo tté n’eschi con onore,
E nun ce fai li cardinali in petto.8

     Ché ffòr de quer tantino de bbrusciore,
Un galantomo senza stacce9 a lletto,
Pò annà pp’er fatto suo com’un ziggnore.

Roma, 21 novembre 1831.

  1. Roma tutta intiera. Lo ricorda anche l’autore di questi versi, benchè giovane. [Egli era nato nel 1791.]
  2. [Un piccolo largo, precisamente dove ora la casa Balestra fa angolo tra il Corso e Via della Frezza. Il capo superiore della corda era fissato in detta via alla prima finestra del secondo piano del palazzo Pulieri, il quale formava e forma l’angolo opposto, quello cioè verso la Piazza del Popolo. Tolta la corda, la madre del noto avvocato Giuseppe Pulieri fece chiudere quella finestra, riducendola ad armadio, e apponendovi internamente una croce, che un figliuolo di Giuseppe, il bravo e cortese avv. Enrico, rammenta ancora di aver veduta.]
  3. Ci davano.
  4. [Come punizione, s’intende, non come tormento, che non si dava in pubblico e che, del resto, era già stato abolito.]
  5. Il tirar su e poi ricalare il paziente, senza abbandonarne il peso a sè stesso come si usava ne’ tratti, da’ quali, restando il corpo sospeso e legato per le mani dietro il dorso, riceveva l’infelice dolore acutissimo e slogamento di ossa.
  6. [La testa dell’omero.]
  7. [Supplizio di nerbate o frustate sul deretano, che si dava, come la corda, per colpe anche lievi; e che, quando la corda venne abolita anche come punizione, le sopravvisse molti e molti anni. (V. la nota 6 del sonetto: La Ggiustizzia ecc., 7 febb. 32; e la nota 13 a pag. 109 del vol. VI.) Fu dato per lungo tempo in quel tratto della Via del Babuino, che corre tra Piazza di Spagna e il Vicolo di Alibert, e che perciò, popolarmente, si chiama tuttora il Cavalletto: poi, in Piazza del Popolo. E con quest’ultimo luogo, meglio che col tratto del Babuino, va d’accordo uno scherzo di quel capo ameno del Giraud, che in una lettera da Bologna, del 5 giugno 1829, al suo amico Giuseppe Pulieri, il quale abitava nel proprio palazzo (V. nota 2), fece la soprascritta così: All’Ill.mo Sig.e — Il Sig. Avv.o Pulieri — Fra la Corda e il Cavalletto — Roma. Il che però non vuol dire che nel 1829 si desse ancora la corda; ma bensì che esisteva ancora quel largo in cui si era data, e sul quale, come può dedursi anche dal sonetto: Lo spiazzetto ecc., 12 nov. 35, fu poi alzato quel pezzo della casa Balestra, che ora fa angolo tra il Corso e la Frozza.]
  8. Sputi di sangue. Metafora presa dal riserbarsi che talora fa il Papa de’ Cardinali in petto, per pubblicarli in tempo avivenire. Fare i cardinali, vale: “sputar sangue.„
  9. Starci.