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canto nono. 161

3 Erminion fe far pel campo festa,
     Parvegli questo buon cominciamento;
     E Mattafolle avea drieto gran gesta3
     Di gente armata a suo contentamento,
     E ’ndosso aveva una sua sopravvesta,
     Dov’era un Macometto in puro argento:
     Pel campo a spasso con gran festa andava;
     Di sua prodezza ognun molto parlava.

4 E’ si doleva Mattafolle solo,
     Ch’Astolfo un tratto non venga a cadere,
     E minacciava in mezzo del suo stuolo,
     E porta una fenice per cimiere:
     Astolfo ne sare’ venuto a volo,
     Per cadere una volta a suo piacere;
     Ma Ricciardetto, che sapea l’omore,4
     Non vuol per nulla ch’egli sbuchi fore.

5 Carlo mugghiando per la mastra sala,5
     Com'un lion famelico arrabbiato
     Ne va con Ganellon, che batte ogni ala
     Per gran letizia, e spesso ha simulato,
     Dicendo: Ah lasso, la tua fama cala!
     Or fussi qui Rinaldo almen tornato;
     Chè se ci fussi il conte e Ulivieri,
     Io sarei fuor di mille stran pensieri.

6 E dicea forse il traditore il vero,
     Chè se vi fussi stato pur Rinaldo,
     Al qual non può mostrar bianco per nero,6
     Morto l’arebbe come vil ribaldo.7
     Carlo diceva: Io veggio il nostro impero,
     Ch’omai perduto ha il suo natural caldo,8
     Poi che non c’è colui ch’era il suo core,
     Cioè Orlando; ond’io n’ho gran dolore.

7 Lasciam costor chi in festa e chi in affanno;
     E ritorniamo a’ nostri battezzati,
     Che col re Carador dimora fanno,
     E de’ paesi ch’egli hanno lasciati,
     E delle guerre mosse lor non sanno;
     Eron più tempo lietamente stati
     Col re pagano, e pur volean partire,
     E cominciorno un giorno così a dire: