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DELLA MIA DONNA TERESA PIKLER | 219 |
Ma con ciò tutto nella mente poni
Che cerca un lungo sofferir chi cerca
Lungo corso di vita. Oh mia Teresa,
30E tu del pari sventurata e cara
Mia figlia1, oh voi che sole d’alcun dolce
Temprate il molto amaro
Di mia trista esistenza, egli andrà poco
Che nell’eterno sonno lagrimando2
35Gli occhi miei chiuderete! Ma sia breve
Per mia cagione il lagrimar: ché nulla,
Fuor che il vostro dolor, fia che mi gravi
Nel partirmi da questo
Troppo ai buoni funesto
40Mortal soggiorno, in cui
Cosí corte le gioie e cosí lunghe
Vivon le pene; ove per dura prova
Già non è bello il rimaner, ma bello
L’uscirne3 e far presto tragitto a quello
45De’ ben vissuti, a cui sospiro. E quivi
Di te memore, e fatto
Cigno4 immortal (ché de’ poeti in cielo
L’arte è pregio e non colpa), il tuo fedele,
Adorata mia donna,
50T’aspetterà, cantando,
Finché tu giunga, le tue lodi; e molto
De’ tuoi cari costumi
Parlerò co’ celesti, e dirò quanta
Fu verso il miserando tuo consorte
55La tua pietade; e l’anime beate,
Di tua virtude innamorate, a Dio
Pregheranno, che lieti e ognor sereni
Sieno i tuoi giorni e quelli
Dei dolci amici che ne fan corona:
60Principalmente i tuoi, mio generoso
Ospite5 amato, che verace fede
Ne fai del detto antico,
Che ritrova un tesoro
Chi ritrova un amico.
- ↑ 31. Mia figlia!: cfr. la nota d’introd. a p. 108.
- ↑ 34. Che nell’eterno sonno ecc.: Tien qualcosa del petrarchesco (P. I, canz. xi, 16): «Ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda».
- ↑ 44. L’uscirne: Ariosto XLIII, 171: «Di questo fango uscir».
- ↑ 47. Cigno: cfr. la nota al v. 260, p. 18.
- ↑ 60. mio generoso ospite: Luigi Aureggi, che nella sua villa di Caraverio in Brianza ospitava allora il poeta e la famiglia di lui.
p. 182.