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Zaccarella: voce dialettale dell’alta Italia: mandorla a guscio fragile^ varietá fragili s del Prunus Amygdalus.

Zagaglia: arma barbarica: voce notata in ogni lessico, e viva specialmente per la famosa ode Per la morte di Napoleone Eugenio del Carducci:

Questo la inconscia xagaglia barbara.

Zágara: fior d’arancio, parola del dialetto siciliano, derivata dall’arabo. Questa voce udii pure nel napoletano ma, per quel che consultai, i diz. di quel dialetto non la registrano.

Zakuska: voce russa, lett. antipasto, se piú. piace, hors d’oeuvres, ma di assai ricca e copiosa imbandigione.

Zantippe: V. Santippe.

Zappata: ognuno sa che padre Zappata predicava bene e razzolava male, predicava il digiuno e mangiava di grasso, predicava la castitá e correva dietro alle villane (V. Pico Luri da Vassano, op. eie.).

Diranno che tu sei padre Zappata che tu predichi ben, razzoli male.

(Pananti, Poet. Teatr. 1, 29, 11). Ma chi fosse propriamente non saprei ; forse un nome proprio di cui si smarrí traccia, forse anche questo nome Zappata può trarre origine dalla nota locuzione darsi la xappa sul piede.

Zaptiè: voce turca, poliziotto.

Zar: V. Cxar. V’è una lieve ditteronza tra Zarevic e Zessareoio: questo vocabolo indica il figlio erede del trono; quello, qualsiasi figlio dell’autocrate.

Zarevic e Zessarevic: V. Zar.

Zarzuela: «rappresentazione scenica spagnuola in cui si alternano i dialoghi parlati ai pezzi musicali e alle danze: ve no ha di serie e di giocose, queste ultimo sono simili alle operette francesi, ma con un sapore musicale nazionale molto spiccato. Il genere deriva forse dal teatro greco antico e dai Misteri medioevali, e fu introdotto a Madrid, ai tempi di Filippo IV, in un teatro che sorgeva sopra una piazza coperta di arbusti di lamponi selvatici detti xarxales, e col dire: andiamo al teatro dei lamponi, provenne la denominazione di xarxuela». A. Galli, op. cit. La gran via è, fra le xarxuele, la piú nota, meritamente.

Zavorra e Savorra: {savorna, forma dialettale romagnola). Peso di pietre, ghiaja, rena, sabbia, o rocchi di ferro o di piombo, che si mette in fondo alla stiva per rendere stabile il bastimento. Per estensione zavorra sociale, pietosa zavorra, zavorra, si dice di persone di scarso valore, o di mal seme nati: ingombro della vita sociale. (Cfr. Dante Inf. XXV, 142):

Cosí vidi io la settima zavorra mutare e trasmutare.

Zebedei: in gergo familiare yaío scatole, corbelli, santissiím, chitarrini., otc. Es. Non mi rompere i zebedei! bonzi o mozzorecchi,

Voi líoriroto i Ki"nasi e’ licei

D’Kcceomi e Barabbi e Zebedei.

Carducci, Juvmilia, LXXIX.

Di questo Zebodoo nuU’altro si sa se non cho fu marito di Sálonio e padre di duo lígli, S. Giacomo o S. Giovanni Evange-