Per la morte di Napoleone Eugenio
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Prostrò, spegnendo gli occhi di fulgida
Vita sorrisi da i fantasmi
4Fluttuanti ne l’azzurro immenso.
L’altro, di baci sazio in austriache
Piume e sognante su l’albe gelide
Le dïane e il rullo pugnace,
8Piegò come pallido giacinto.
Ambo a le madri lungi: e le morbide
Chiome fiorenti di puerizia
Pareano aspettare anche il solco
12De la materna carezza. In vece
Balzâr ne ’l buio, giovinette anime,
Senza conforti; nè de la patria
L’eloquio seguivali al passo
16Co i suon’ de l’amore e de la gloria.
Non questo, o fosco figlio d’Ortensia,
Non questo avevi promesso al parvolo;
Gli pregasti in faccia a Parigi
20Lontani i fati del re di Roma.
Vittoria e pace da Sebastopoli
Sopían co ’l rombo de l’ali candide
Il piccolo: Europa ammirava:
24La Colonna splendea come un faro.
Ma di decembre, ma di brumaio
Cruento è il fango, la nebbia è perfida:
Non crescono arbusti a quell’aure,
28O dan frutti di cenere e tòsco.
O solitaria casa d’Aiaccio,
Cui verdi e grandi le querce ombreggiano
E i poggi coronan sereni
32E davanti le risuona il mare!
Ivi Letizia, bel nome italico
Che omai sventura suona ne i secoli,
Fu sposa, fu madre felice,
36Ahi troppo breve stagione! ed ivi,
Lanciata a i troni l’ultima folgore,
Date concordi leggi tra i popoli,
Dovevi, o consol, ritrarti
40Fra il mare e Dio cui tu credevi.
Domestica ombra Letizia or abita
La vuota casa: non lei di Cesare
Il raggio precinse: la còrsa
44Madre visse fra le tombe e l’are.
Il suo fatale da gli occhi d’aquila,
Le figlie come l’aurora splendide,
Frementi speranza i nepoti,
48Tutti giacquer, tutti a lei lontano.