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Giu | — 210 — | Gil |
conforme. Onde ne derivò l’aggettivo giunonico, detto di donna formosa, o attributo di membra di donna in cui la bellezza non sia disgiunta da prestanza ed opimo sviluppo.
Giurì: o, secondo l’origine inglese della parola, Jury: voce internaz. accettata nel diz. italiano. Dicesi anche giurìa, l’assemblea o consesso de’ giurati. Giurì è altresì nome di commissioni incaricate di esaminare e di giudicare su speciali questioni. Giurì d’onore quello che decide di questioni cavalleresche, cioè a dire se vi sia no motivo di duello. La parola, probabilmente, a noi provenne per via della Francia ove quella voce insieme all’istituto passò al tempo della Rivoluzione (1791). In francese sono accolte le due forme jurì e jury.
Giury: V. Giurì.
Glabro: francese glabre in luogo di liscio è aggettivo non infrequente: lat. glaber = liscio, calvo.
Glaciale: da latino glacies = ghiaccio, vale gelato; è quindi un’esagerazione applicarlo ad accoglienza, aspetto e simili in luogo di fredda. Invece è conforme alla natura della lingua francese tale esagerazione, onde glacial = insensible, morne, indifférent, Accueil glacial mine glaciale, abord glacial.
Gladio: latinismo: gladius = spada.
Glande: V. Appendice.
Glandola tiroide: glandola sottostante a quella cartilagine della laringe la quale in taluno sporge all’infuori ed è chiamata volgarmente il Pomo d’Adamo. L’ufficio di questa glandola, nella economia dell’organismo non è ancora ben noto. L’etimologia della voce tiroide non è delle più certe: la più probabile sarebbe questa da θυρεός scudo ed εἶδος forma, cioè scutiforme, detto propriamente al Pomo d’Adamo, indi esteso alla glandola sottostante.
Glassa: V. Glassare.
Glassare: versione fonica del francese glacer = gelare: verbo usatissimo nel linguaggio culinario e significa, per quel largo senso estensivo che hanno i vocaboli francesi, couvrir de gelée, cioè cospargere dolci o carni di una specie di gelatina che li rende più vistosi: quindi bue glassato, coppa glassata, etc. Il signor P. Artusi nel citato manuale di Culinaria, scritto con grazia nostrana e purezza di lingua da far arrossire molti testi scolastici, (voglio dire i loro autori) propone in tale senso le voci crosta e crostare. Ma forse non gli soccorse l’antica nostra parola biuta che il Petrocchi s’affretta a collocare nelle voci morte, e che udii viva nel popolo in biuda.
Γγαῦκα εἰς Ἀθήνας: leggesi negli Uccelli di Aristofane V. 301. τὶ γλαῦκ᾽ Ἀθήναζ᾽ ἤγαγε. Portar nottole ad Atene e vasi a Samo, cioè far cosa superflua.
Gli: è di solito dai grammatici ristretto al solo dativo sing. maschile = a lui: nell’uso toscano e di tutta l’Italia media, ove prende suono di je, vale anche familiarmente a lei, le. Si usa anche — pur in Toscana — in cambio della forma letteraria, ma greve e lunga, loro, a loro. Vero è che il gli in tale senso non esco dal dialetto e dal parlar familiare. Non mancano però esempi letterari: «Chi si cura di costoro a Milano? Chi gli darebbe retta? (Pr. Sposi, Cap. XI), benchè si potrebbe spiegare come usato con forza di collettivo. V. ci. Gli usasi anche per li = loro. Es. Gli ho visti io.
Gli affari sono il danaro degli altri: motto felice e vero nella sua lepidezza iperbolica che leggesi in un romanzo francese della signora Girardin, Marguerite aux deux Amours, Bruxelles, pag. 104, e che fu rinnovata da A. Dumas in un suo dramma La question d’argent (Les affaires, c’est bien simple, c’est l’argent des autres). Cfr. il motto comune alla civiltà mercantile: gli affari sono gli affari. V. Positivismo.
Gli dei se ne vanno: V. Les Dieux s’en vont.
Glissons, n’appuyons pas: il verbo glisser francese, risponde ai nostri verbi sorvolare, passar sopra e simili, passer légèrement sur un sujet, sur une matiére, sur un tort, sur un reproche, etc. La locuzione su riferita ci è assai comune ed è tolta da un antico e noto verso francese: glissez, mortels, n’appuyez pas:
Sur un mince cristal l’hiver conduit leurs pas:
le précipice est sous la glace.