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               La patria è un tutto,
di cui siam parti. Al cittadino è fallo
considerar sè stesso
separato da lei. L’utile o il danno
ch’ei conoscer dee solo, è ciò che giova
o nuoce alla sua patria, a cui di tutto
è debitor. Quando i sudori, e il sangue
sparge per lei, nulla del proprio ei dona;
rende sol ciò che n’ebbe.
                    (Regolo, atto II, scena I).

Bellissimi versi, che ne ispirarono degli altri, anche più belli, al Leopardi1, e che ad ogni modo valgono a spiegarci il desiderio del Carducci di veder l’Attilio Regolo „rappresentato tutti gli anni con musica degna nel giorno natalizio di Roma su ’l Campidoglio”2.


5. Le rappresentazioni del „Catone“ e della „Didone“.

Il 28 aprile 1835, l’Albina românească usciva col seguente annunzio: „M. Paulo Cervati ténor, que les amateurs de la musique italienne ont admiré dans la pièce de „Caton en Utique”, engagé par des raisons de famille de séjourner quelque temps dans cette capitale (Jassy), se propose de donner des leçons

  1. All’Italia, vv. 54-59:

    Oh misero colui che in guerra è spento
    non per i patrii lidi e per la pia
    consorte e i figli cari,
    ma da nemici altrui
    per altra gente, e non può dir morendo:
    Alma terra natia,
    la vita che mi desti, ecco ti rendo,

    l’ultimo dei quali non è che un’eco del metastasiano:

    rende sol ciò che n’ebbe.

    Per altre imitazioni metastasiane nel Leopardi cfr. V. Russo, „La Libertà” del Metastasio in due canti del Leopardi, in Note di letteratura e d’arte, Catania, Giannetta, 1910; V. A. Arullani, Una canzonetta del Metastasio e un canto del Leopardi, in Biblioteca delle scuole italiane, X (1905), 16.

  2. Carducci, op. cit., p. 83.