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Conchiudendo, che nel Metastasio, Iancu Văcărescu trovasse, come vorrebbe il Iorga, „il suo modello”, non sarò io certo ad affermare. Tra le sue canzonette ce ne son due sicuramente tradotte dal francese1 una ballata2 è tradotta dal Goethe, altre poesie risentono, com’è naturale, del genere neo-anacreontico in gran voga in quei tempi così in Grecia come in Rumania, e della poesia rumena popolare. È chiaro dunque che il Metastasio non può figurare, che come „uno de’ suoi modelli”, non, come, esagerando un poco per farci piacere, afferma il Iorga: „il suo modello”. E neppure „nella letteratura italiana, che preparò la patria nei cuori di tre generazioni, il quarto dei poeti Văcărești trovò il sentimento che lo fece scrivere sul Codice del Fanariota Giovanni Carageà i celebri versi:
Ah, d’ar putea a ne dobândi |
No: questa lode va data alla gran madre Roma, donde „il santo uccello” (Iancu Văcărescu dice proprio così: „pajere sfânta”) „a venit in sbor... la Dacie”4, nè d’italiani si parla qui, ma di „Romani, grandi in guerra e in pace”.
Osserviamo piuttosto come sì per il Văcărescu come per Dante, l’aquila romana fosse „il santo uccello”, la „pajere sfânta”; e una simile concordanza tra l’antico poeta indigete d’Italia e il vecchio boiero rumeno, che, dopo secoli non meno tenebrosi per il suo popolo di quelli le cui ombre fugò il luminoso genio dan-
- ↑ [„Bacchie e Respuns”].
- ↑ [„Dracul”].
- ↑ Iorga, op. cit., loc. cit. [„Oh potessimo rivendicare | quanto abbiamo perduto! | Allora qual mente resterebbe infeconda, | qual labbro muto? | Alora anche questo povero Corvo | di nuovo Aquila diverrebbe | e ogni Rumeno sarebbe Romano | grande in guerra e in pace”. Un corvo con una croce in bocca è infatti lo stemma della Valachia.
- ↑ [„...è giunto a volo... nella Dacia”].
R. Ortiz. | 16 |