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mazione fraseologica caratteristica delle lingue classiche e specialmente della greca”1, che avrà contribuito senza dubbio a rendere questa traduzione dal Metastasio non meno „grave e confusa” di quella del Britannico; sarà da ammettere anche un po’ di ignoranza2 d’italiano, o di inintelligenza3 del testo, come appar chiaro anche a un superficiale osservatore. Probabilmente Iancu sapeva d’italiano assai meno di Ienăchiță, e non sarebbe stato al caso nè di far nella lingua di Dante „dragomanlik boierilor” nè, tanto meno, di scrivere in italiano una lettera, sia pure ad un maresciallo... russo; ma, pur sapendone meno, ha il merito di averne saputo trarre maggior profitto. Lasciamo andare i non pochi sonetti, e le numerose „canțonete“ che troviamo tra le sue rime; donde, se non dal Metastasio, gli sarà venuta la facilità melodica e la trasparente chiarezza di quella Primăvara Amorului, che, anche per certi ingredienti di „fauni”, di „silvani”, di „zefiri”, di „rose”, di „stelle” e di „pastori”, tradisce l’influsso, se non proprio del Metastasio, dell’Arcadia italiana?4.

Iancu Văcărescu — ci fa sapere il Iorga5 — era stato „a Pisa, e prima a Vienna, dove l’abate italiano era sempre stato un autore prediletto”. Chi sa che a Pisa il Metastasio non avesse, come il Goldoni, assistito a qualche tornata della Colonia Alfea?6.



  1. [„...tendința hotărîtă de a da limbii românești multiplele întorsături și variata alcătuire de fraze caracteristică limbilor clasice, și în specie celei grece”]. Dragomirescu, op. cit., loc. cit.
  2. [„...neștiință”]. Ibid.
  3. [„...nepricepere”]. Ibid.
  4. N. Iorga, Breve storia dei Rumeni, p. 146: „Nel... Metastasio trovò il suo modello Iancu Văcărescu. Aveva passato qua che tempo a Pisa e prima, a Vienna, dove l’abate italiano era sempre stato un autore prediletto; la sua prima opera fu una „Primavera d’amore”, in cui si cantavano

    „Ceres, Pan, Fauni, Silvani,
    „zefiri, rose, stelle e pastori”.

    .
  5. Ibidem.
  6. Prima di lasciar Iancu, ricorderemo, così di passaggio, che, tra le sue poesie, troviamo anche la traduzione della barcarola della Muta di Portici:

    Copii! ce lină dimineață!
    Pe țărm cu toții v’adunați!
    La vifor voi nu schimbați fața,
    Veseli în luntre când intrati!

    .