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XXXII

de’ suoi versi) sursero in folla; ma il Carme del Foscolo non fu mai pareggiato1.

A fine poi di ravvivare lo spirito guerresco ne’ petti italiani pubblicò il Foscolo nel 1808 in Milano una splendidissima edizione del Montecuccoli, riempiendo le lagune riscontrate nell’edizione di Colonia del 1704 ed aggiungendovi non poche annotazioni sue proprie, le une spettanti all’arte militare presso gli antichi, le altre alla maniera tenuta nelle armi da Federigo II e da Bonaparte ch’ei chiama il maggior guerriero dell’età moderna2.

  1. Dai pochi cenni sul Galileo, sul Dante, sul Machiavelli, e dalla rapida pittura del fiero e taciturno Alfieri si scorge il magistero del poeta nel pennelleggiare con pochi tratti un quadro. E le apostrofi al Pindemonte, a Firenze, alla Musa del Parini; i portenti veduti fra i notturni silenzi da chi veleggiava lungo i campi di Maratona; il vaticinio di Cassandra, e la descrizione del cieco Omero che brancolando penetra negli avelli e abbraccia l’urne, e le interroga, sono, come osserva il Maffei (Stor. della lett. Ital. t. 3, p. 85), tutti parti d’una mente sublime, immaginosa, e di un cuore profondamente penetrato dal soggetto. — E di questo carme scriveva già all’autore sino dal 1807 il cav. Ippolito Pindemonte — «Ove trovaste quella melanconia sublime, quelle immagini, que’ suoni, quel misto di soave e di forte, quella dolcezza e quell’ira? È cosa tutta vostra che star vuole da se, e non si può a verun’altra paragonare» —.
  2. Il sig. Giuseppe Grassi veduto però che il Foscolo aveva emendato il testo sulla fede di un manoscritto mutilato e scorretto, pensò ad una nuova edizione del Montecuccoli