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LIBRO SECONDO | 181 |
IV. Cosroe debellata Antiochia ordinò all’esercito di fare prigionieri tutti i cittadini di qua e di là fuggenti, e di rapire e saccheggiare ogni lor proprietà; calato poi insieme coll’ambasceria dal poggio andò al tempio, detto dagli abitatori chiesa, dove rinvenne tanta ricchezza d’oro, di argento, di gemme e di perle, quant’era di per sè, non messo in novero il resto, sufficiente a renderlo doviziosissimo; spogliato in fine il santo luogo di quantità di marmi e di altri stupendi lavori per tradurli in Persia, comandò che si appiccasse fuoco alla città, donando unicamente alle suppliche degli ambasciadori, e vie meglio al costoro danaro, la conservazione della chiesa; lasciatavi quindi una piccola guarnigione ad attendere all’incendio, ritirossi con tutto l’esercito nel luogo del primiero suo attendamento1.
- ↑ Il Nostro negli Edificj (lib. ii cap. 10) narra come fosse di poi rifabbricata da Giustiniano, dicendo tra le altre cose: «D’onde è venuto, che se Antiochia era stata prima splendida e magnifica, più splendida e più magnifica fosse di poi».
l’Africano per indurlo ad un accomodamento, pose fine alla sua orazione dicendo: «Io pertanto pronto sono a cotal partito, dappoichè ho sperimentato coi fatti quanta sia mutabile la fortuna, e come una minuta circostanza pender la faccia a favore dell’una parte o dell’altra, trattandoci da scipiti fanciulii (Pol., lib. xv; traduz. del chiarissimo I. G. B. Kohen).