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Or. Io aspetto, che voi darete accusa a questi versi: perciocché essi mancano assai di rima; ma io non gli difenderò per modo altro che il già sopra tenuto.

C. Io non dò loro colpa di questo solamente (ricordomi dell’esempio da voi portato), ma io mi maraviglio che volendosi porre in questa canzone alcuna rima, pongavisi non già nella strofe sua, ma fuori; e fassi, come far suole uomo di debile memoria, il quale dimenticandosi di alcuna cosa fornire a suo tempo, fuor di tempo compiela men male ch'ei può. E certo avendo io ascoltato il fiore di una strofe, intiera, qual ornamento per lei debbo io ascoltare mai più? Parvi il mio pensamento vano o pure qualche ragione chiudo in sè?

Or. Non mi mettete in ragionamento acciocché io ponga, se bene fassi o se male; che per tale sentenza dare non sono qui; ben vi dico che gli antichi poeti hanno si fattamente operato; ed ammiro come voi non ne serbiate memoria. Rammentatevi voi di alcuna canzone le cui strofe nel corpo loro non abbiano lima, e tutte poi siano rimate da capo a piedi? ve ne rammenterete incontanente che io ve ne abbia detto il nome; ciò sono le terzine.

C. Le terzine non hanno in una loro strofe un verso, il quale con una sola rima riguardi un verso dell’altra strofe, e tutti gli altri sieno dalla rima disciolti; anzi con un certo ordine tutti quanti rimansi.

Or. Ma pure è vero ch’essi rimansi fuori della strofe, e non per entro.

C. È vero.

Or. Ora io vi metto in mente, che Dante ne lascio sì fatto esempio, perciocché egli nella canzone: Amor tu vedi ben, che questa donna, lascia in una strofe queste parole luce, e temo senza rima; e poi nelle strofe seguenti l’accompagna con rime; e ciò fare non ebbe a schifo il Bembo, uomo molto poco vago d'uscire d'usanza degli antichi; ma pure egli nella canzone: Ben ho da maledir l'empio Signore, compone un verso, di cui la rima è unica, ed in quella strofe non ha compagnia; ma poi in ogui altra strofe della canzone si accompagna laute volte quanto dura il componimento.

C. Ponete mente di più nei versi recitati della canzonetta moderna, che l'intervallo delle rime è di sei versi, e sì fatto non é fra i versi delle sestine; anzi il primo della seconda strofe tocca l'ultimo della primiera; e non lascia, come nei moderni, l'orecchia per tanto tempo disconsolata.

Or. Ciò che si dice ora da voi è novello biasimo dato al novello compositore; perciocché noi biasimate che fuori della strofe accompagni la rima, ma pure perché troppo lungamente egli le lascia discompagnate: della qual colpa io debbo con l'autorità del Petrarca liberarlo. Udite i versi di lui, e poi udite le parole di me:

Amicissimo Cicognino, per vostra fé rispondetemi: nei versi recitati ha rima niuna? certo niuna, e nondimeno a numero sono sette: ora se io dirovvi che una strofe di canzoni compiesi con sette versi, e senza ninna rima, voi non mi potete, salvo sotto lo scudo del Petrarca, offendere.

C. Dite più oltre.

Or. Ascoltate.

E se pur s'arma talora a dolersi
     L'anima, a cui vieti manco
     Consiglio; ove il martir l'adduce in forse,
     Rappella lei da la sfrenata voglia
     Subito vista, che dal cor mi rade
     Ogni delira impresa: ed ogni sdegno
     Fa'l veder lei soave.

Questi sette altri versi non sono eglino privi di rima?

C. Chi può negarlovi?

Or. Or come fissi egli? non per virtù di due strofe?

C. Senza dubbio.

Or. Dunque fecero i maestri una strofe di canzone, e suoi versi non adornano di rima, e poi nella seguente strofe composero versi onde tutte si rimavano, avendo riguardo l'una all'altra.

C. Così fecero.

Or. Eccovi scusata la tessitura moderna, ed ecco che la rima accompagnarsi può oltre lo spazio di sei versi, vedendo noi, che le stanze recitare del Petrarca giungono a sette: che pensate voi?

C. Io penso che in parte fate i miei argomenti sparire; ma pure non mi persuadete, perciocché altro è il consiglio dell'antico, ed altro il consiglio del poeta moderno: quello tutti i suoi versi rimò, questi non tutti; e però l'antica tessitura può mostrarsi perfetta, e la moderna no; e quinci l’uno diremo lodevole, ed una biasimevole.

Or. Lodare e biasimare sia a vostro talento; ma le prove fatte non dovete a partito niuno negarmele.

C. Io non sono affatto ben chiaro; tuttavia non voglio dir più; le vostre ragioni non mi quietano, e non trovo la via d'abbatterlo, e però io posso innanzi. Voi ponete mente, per grazia, alla mescolanza de’versi ch'io reciterò:

Ben d'aspro Borea,
     Per nubi gelide
     Sento alcun verno,
     E pur d'Erigone
     Il can si fervido
     Qui prendo a scherno.

Qui voi potete sentire un molto vario verseggiare quanto alla terminazione, ed altra volta non meno:

Or tu da l'alte cime,
     In che siedi sublime,