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346 prose

O poverella mia come sei rozza!
     Credo, che tel conoschi:
     Rimanti in questi boschi.

C. Essi son senza dubbio del Petrarca.

Or. Dove vedete voi la lima compagna del primo verso?

C. Bene sta; ma quel verso è in un brandello di canzone: e non trovasi quella discompagnatura di versi di ciascuna strofe.

Or. Se ella vi si trovasse sarebbesi fatto appunto appunto come fece il poeta moderno; ma io hovvi dello, e dico, che coloro noi feciono, ma chetamente dissero, che poteva farsi.

C. Non l'avendo essi fatto, costringono noi a dire che malamente si fa.

Or. Non so, nè voglio questionare: sè è rea cosa il farlo, condannisi; ma già non si prova che lasciare verso senza rima sia fantasia moderna senza antica autorità; e vedesi, che non una volta sola epici famosi il fecero, ma il fecero mille volte: perciocché sempre che per loro dassi fine alla canzone, lasciasi un verso senza rima; non ne reco esernpj perché ve ne sono i libri ripieni, non pure di Dante e di Petrarca, ma di Cino e di Guido, come leggendo le rime Antiche potrà ciascuno chiarirsene; non è dunque novella usanza lasciare alcun verso senza rima.

C. Dirò, che il fare ciò una volta in una canzone, e farlo sempre in un luogo puossi dir legge di canzonare, e non doversene trarre esempio per così lare in altra parte.

Or. lo vi rispondo, e nego che ciò sia vero.

C. Oh, poco dianzi voi raffermaste.

Or. lo l'affermai perchè è vero per lo più, ma udite questa ballata di Cino:

Quanto più fisso miro
     Le bellezze, che fan piacer costei,
     Amor tanto per lei
     M'incende più di soverchio martiro;
     Parmi vedere in lei quando la guardo
     Tutt'or nova bellezza,
     Che porge agli occhi miei novo piacere.
     Allor mi giunge Amor con un suo dardo,
     E con tanta dolcezza
     Mi fere il cor ch’io non posso temere
     Che dal colpo non cali;
     E dico: oh occhi per vostro mirare
     Mi veggo tormentare
     Tanto, ch’io sento l'ultimo sospiro.

Vedete voi in questa ballata quel verso, che dal colpo non cali, senza rima? e non dassi commiato alla canzone. E similmente fece in un’altra ballata, la quale non recito per non annoiarvi, ma ella incomincia: Donna, il beato punto che m'accenne; nè più nè meno fece Guido in quella, di cui è il principio: Poichè di doglia cor convien che io parli. Ma io voglio provarvi il mio detto con reale autorità: il re Enzo duolsi de' suoi amori con una canzone, la quale comincia in questo modo:

S'io trovassi pietanza
     In carnata figura
     Mercè le chieggeria,
     Che a lo mio mulo desse alleggerimento;
     E ben furia accordatila
     Infra la mente pura,
     Che pregar mi varria
     Vedendo il mio umile aggichimento;
     E dico: ahi lasso, spero
     Di ritrovar mercede:
     Certo il mio cor non erede,
     Ch'io sono sventurato
     Più d'uomo innamorato;
     Solo per me pietà verrìa crudele.

Qui non vedete, che le parole spero, e crudele vanno sole e senza rima? E così trovasi nelle strofe seguenti: dirò di più, e recherò autorità maggiore. L’imperadore Federigo II compose canzone, la quale comincia Poiché ti piace Amore, in cui per ogni sua strofe lasciò un verso senza rimarsi.

C. Se costoro fossero si gran poeti, come furono gran personaggi, sarebbe da ubbidire alla loro volontà.

Or. Io v’intendo: ma io me ne vaglio per provarvi la usanza; e provasi per loro comesi proverebbe se fossero maggiori di sè stessi; non quistionando io se è bene il farsi, ma se fecesi. E perchè avete detto, che ciò fanno i grandi nell'accommiatar le canzoni, io il vi niego; non sempre le canzoni si accommiatano con verso senza rima. Vedo che il Petrarca non fece il canzoncino alla canzone: Mai non vo' più cantar come solea: e Dante non ne fece a quella: Morte poich'io non trovo a cui mi doglia; nè a quella: Amor, che ne la mente mi ragiona; nè ad alcune altre; e quando gli antichi fanno alle canzoni il carboncino, non sempre il fanno con lasciarvi per entro alcun verso senza lima, come si vede nel libro delle Rime Antiche in quella che comincia: Dacché ti piace Amore, ch’io ritorni: ed in quella: Nel tempo che si infiora e copre d'erba; ed in quella: Quando pur vedo che sen vola il Sole; eri in quella: Giovine donna dentro il cor mi siede. Ora, Cicognino mio caro, è vero che non si lascia sempre nel canzoncino alcun verso senza rima; e non è vero che sempre si faccia il canzoncino alle canzoni; ed è vero chc si toglie rima ai versi i quali non sono nel canzoncino; e però è verità ciò che vi dissi dell'usanza degli antichi scrittori, e le vostre risposte non abbattono il mio dire.

C. Non vi posso negare.

Or. Quali siano per essere i vostri dubbj io non so; ma le mie risposte saranno tutte cosi fatte: però seguite a vostro buon grado.

C. Udite di grazia:

Fronte d’avorio
     E ciglia d’ebano,
     Labbra di porpora,
     E rose tenere,
     Nel volto vidivi
     In fresca età:
     Fiamma risplendere,
     O occhi fulgidi,
     Nel guardo vidivi
     Si chiara ch'Espero
     Sparso di tenebre
     Nel Ciel sen va.