Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) I.djvu/265

228 LE ODI DI PINDARO

fondatori, eroizzati (una specie della santificazione cristiana) dopo la morte: cioè degli Antenoridi, di Batto, sepolto nella piazza di Cirene dove si celebra la vittoria, e degli altri sovrani che giacciono accanto a lui. Ora tutti questi eroi sentono gl’inni levati in onore di loro e del loro discendente Arcesilao (103-114): il quale, a sua volta, deve ringraziare Febo che gli ha concesso il premio delle sue fatiche e delle spese incontrate nell’allevare corsieri.

Lodi di Arcesilao: augurî che i Superi lo proteggano sempre e gli concedano anche la vittoria olimpica.

Questa ode, bella, chiara e serena, si distingue per la mancanza di vera narrazione mitica, e per l’abbondanza di scene reali. La scena dell’agone in cui Càrroto vinse è rievocata con pochi tocchi maestri; e attraverso ai pochi ma suggestivi accenni sembra risorga innanzi a noi la piazza dell’antica Cirene, sacra perché offre asilo agli eroi della patria.

Il lettore osserverà come tutto il brano 103-114 sembri addirittura foscoliano. E nel concetto della partecipazione che i defunti prendono alle gioie dei vivi; e in parecchi atteggiamenti: (Pindaro 103: quivi in disparte ei giace etc.; Foscolo: Con questi grandi abita eterno — Pindaro, 105: sopra la terra beato ei visse: eroe fu poscia; Foscolo: mortale guidatrice d’oceanine vergini....: pavido diva il mondo la chiama). Chi sa quanto Foscolo derivi da Pindaro, non stenterà a credere che questo brano abbia avuto diretto influsso sui Sepolcri.