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La fama si sazia, la gioia si sazia, il lavoro si stanca, il pensiero riposa; dorme l’ambizione, dorme l’avarizia, dorme il genio; ma il dolore non dorme, non posa, non si sazia di se stesso, ma come la fenice della favola antica si rinnovella dalle proprie ceneri e quando i nervi non bastano più a tanto tormento, il dolore cambia di forma e rimane più crudele e sempre nuova la tortura. Dopo l’ira elle morde sento lo strazio che mi adunghia, dopo lo strazio la disperazione, dopo la disperazione l’amarezza, dopo l’amarezza lo sconforto, e poi di nuovo lo strazio e la tortura, il vampiro che mi sugge il sangue dal cuore, lo sgomento d un sogno spaventoso; e sempre un abisso di dolore senza fondo, senza confini, nero, eterno, gelato, inesorabile.

Ah! miss Emma, chi ha osato ridere della religione non ha mai sofferto.

E voi siete il carnefice di tanta tortura; e voi sola in questo mondo che mi intendete, potete capire quanto sia il mio dolore. Voi non fate patire in me un uomo solo, ma due generazioni di uomini... voi lo sapete. In me l’amore ha saldato insieme due razze, due destini, due mondi. Mia madre era italiana, il padre mio inglese; erano due nature che più lontano, più diverse la natura non fece mai; e l’amore il più potente degli alchimisti, fu chiamato a fare il miracolo di riunirli in un solo; ed io sento in me due nature, due mondi di pensieri, di sensazioni, di gioie e di dolori. Sento in me ad ogni tratto il Vesuvio e la nebbia di Londra; e voi sorridendo mi avete più d’una volta chiamato vulcano o nebbia, secondo che in me parlava l’italiano o l’inglese. Giammai io ho sentito come in questi giorni che cosa voglia dire essere un uomo doppio. I sensi caldi, la fantasia ardente, m’accendono colla celerità del lampo; sento che in me Moncibello e Vesuvio divampano in una volta sola e mi guardo e mi tocco, credendo che tanta fiamma consumi il mio corpo gracile e sottile, e soffro e godo e sento come i figli di quella terra che diede Dante e Leopardi, Machiavello e i Borgia; mai sensi non mi divorano, ma la fantasia non mi consuma: nel mio cratere non ho mai veduto la cenere, ma sempre il fuoco ardente. Io