Pagina:Luigi di San Giusto - Gaspara Stampa.djvu/88

84 Luigi di San Giusto


Così nel sonetto XXXVIII, nel quale cerca di far apparire tutte le qualità di Guiscardo, vantandone il felice ingegno, il raro valore, il vago stile, la cortese cura che ha di lodar lei, e sopratutto quell’amor, che tanto egli mostrava di averle, e che move l’amato, (e doveva essere cosa nuova quasi per lei, avvezza alla noncuranza di Collaltino!) «Son, dice ella, tutte cagioni che inducono una donna ad amare,

La si direbbe ipocrisia in altra donna, ma Gaspara sappiamo che non è ipocrita! Se ella avesse di nuovo amato, come la prima volta, lo avrebbe gridato trionfante al mondo; ne sarebbe lei stata per la prima felice! Ma è inutile! non può più. Quello era un tessuto magnifico, ordito dal senso, dalla fantasia e dall’affetto; questa è una misera ragnatela, messa insieme dal desiderio di illudersi, dal bisogno di vivere e dalla imaginazione!

Sentite come risponde sempre alle infiammate dichiarazioni di lui:

con quel desio, che sì fervidamente
spiegate in carte, che di me vi prende,
si viva fiamma nel mio core accende
che alla vostra è minor o poco o niente.

È ben ver che il desio, con che amo voi,
è tutto d’onestà pieno e d’amore,
perchè altramente non convien tra noi