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AVVERTIMENTO.




Quando Galileo, giunto presso al termine dei suoi giorni, giudicava i migliori di tutta la sua età i diciotto anni consumati a Padova1, egli dovè, insieme con le care memorie della più forte virilità, confortata da tutte le gioie della vita, ricordare che in quegli anni felici aveva fatte le sue maggiori scoperte e posti i fondamenti di tutti i lavori ai quali legava il nome immortale. Imperocchè anche di quello da lui stesso designato come suo capolavoro2 e generalmente conosciuto sotto il titolo di Dialoghi delle Nuove Scienze, che fu l’ultimo ch’egli potè vedere stampato, aveva gittate le basi in Padova3; e le moltissime conchiusioni, alle quali era già pervenuto, conferite quivi ed in Venezia «a’ suoi amici, che si trovarono a varie esperienze ch’egli di continuo faceva intorno all’esamina di molti curiosi problemi e proposizioni naturali4», avevano siffattamente destata l’ammirazione di tutti, che Fra Paolo Sarpi era uscito a dire, che alla cognizione del moto, Dio e la Natura avevano formato l’intelletto di Galileo5.


  1. Lettera di Galileo a Fortunio Liceti del 6 luglio 1640. — Cfr. De secundo-quaesitis per epistolas a claris viris, ardua, varia, pulchra et nobilia quaeque petentibus in medicina ecc., responsa Fortunii Liceti. Utini, ex typ. Nicolai Schiratti, MDCXLVI, pag. 64.
  2. Lettere di Galileo ad Elia Diodati del 25 luglio 1634 (Bibl. d’Inguimbert a Carpentras, Reg. XLI, vol. II, car. 23) e del 9 giugno 1635 (Mss. Gal., Par. V, T. VI, car. 28r.); e lettera di Galileo a Mattia Bernegger dei 15 luglio 1636 (Epistolaris commercii M. Berneggeri cum viris eruditione claris. Fasciculus secundus. Argentorati, 1670, pag. 115).
  3. Ciò è dimostrato da una grandissima quantità di documenti desunti dal suo carteggio. Cfr., p. e., le lettere di Galileo: a Guidobaldo del Monte dei 29 novembre 1602 (Mss. Gal., Par. VI, T. VI, car. 10); a Fra Paolo Sarpi, dei 16 ottobre 1604 (Bibl. dell’Università di Pisa); ad Antonio de’ Medici, degli 11 febbraio 1609 (Mss. Gal., Par. VI, T. V, car. 19); a Belisario Vinta, dei 7 maggio 1610 (Mss. Gal., Par. VI, T. V, car. 34); e a Giovanni Kepler, dei 19 agosto 1610 (Bibl. Palatina di Vienna, cod. 10702, car. 65). E Paolo Aproino nella sua lettera a Galileo del 3 marzo 1635 (Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 129) ricorda, come i detti Dialoghi contengano cose che in parte egli aveva «imbevuto già tanto tempo dalla sua bocca», cioè mentre era scolaro di Galileo in Padova.
  4. Fasti consolari dell’Accademia Fiorentina di Salvino Salvini. In Firenze, M.DCC.XVII, pag. 421.
  5. Lettere di Fulgenzio Micanzio a Galileo dell’11 novembre 1634 (Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 95), del 25 ottobre 1636 (Bibl. Estense di Modena, Autogr. Campori, Busta LXXX, 133) e del 7 marzo 1637 (Mss. Gal., Par. VI, T. XIII, car. 12).