chiamato Poeta Statarius) che sotto il Pontificato di Clemente VII, il quale con apposito Breve nel ringraziò, facendogli insieme di molte e grandi profferte, che poi, tardo com’era nel ricompensare il merito, non ebbero effetto. Quanto a me credo, che il favore prestatogli dalla corte di Roma, e la qualità dei tempi nei quali fu scritto procurassero a questo poema la rinomanza, che tutti sanno. Fuvvi per altro chi non pago della sola dizione, per verità virgiliana, giunse con il suo scandaglio a trovarvi il fondo: e d’altronde sappiamo che ne credesse dopo la comparsa della Sifilide il Sannazaro medesimo. Lo Zoppio in ottava rima, il Bigoni, il Barbo, il Giolito, e meglio di tutti il Casaregi in sciolti lo hanno tradotto4. Io pure ho ciò fatto in ottava rima, ma sperai di presentar al pubblico un miglior libro nel tradurre. — III. Le Pescatorie, bel ritrovamento del Sannazaro, il quale ne tolse l’idea da un idillio di Teocrito, in cui due pescatori dopo aver dormito in una povera capanna sulla riva del mare, si raccontano i sogni loro5. Furono composte dall’autore al numero di dieci, ma dopo il suo ritorno dalla Francia, se creder deesi a Paolo Manuzio, non ne ritrovò che cinque soltanto. Appena pubblicate, come attestano il Giovio ed il Volpi, la fama loro oscurò ed oppresse quella del suo poema. Il Baldi, il Rota, il Tasso padre, il Giannetasio, il Conte Matteo di San Marino e Vische