Pagina:Lapidario Romano dei Musei Civici di Modena.djvu/22

lizzazioni cisalpine hanno un riferimento nelle statue di defunti all’esterno delle tombe, documentate nella necropoli pompeiana di Porta Nocera (Rebecchi 1997). Una semplificazione del tipo si avverte nelle stele corniciate con timpano e pseudoacroteri nello spazio frontonale. Il processo di stilizzazione estrema risulta compiuto nelle stele diffuse dal II secolo in poi, dove linee di contorno incise emulano la sagoma del fianco dei coevi sarcofagi.

Le tipologie tombali attestate nelle necropoli non si esauriscono coni segnacoli, ma si esplicitano nella varietà di sepolcri, in laterizio, in anfora o in cassa lignea. In questo caso il locus sepolturae, se non è indicato da elementi lapidei, viene diversamente evidenziato, spesso con l’imboccatura di un’anfora resecata alla spalla, che serviva da accesso alle offerte di cibi e bevande ai defunti.

I rituali attestati variano seguendo i mutamenti dell’ideologia funeraria: le inumazioni di età repubblicana sono quasi interamente sostituite dalle incinerazioni. Nella maggior parte dei casi il defunto veniva cremato direttamente nella fossa insieme a parte del corredo. Sono tuttavia documentate anche cremazioni indirette in fosse appositamente predisposte. In tal caso i resti venivano raccolti al termine della cerimonia funebre e deposti nel luogo della sepoltura insieme agli oggetti di corredo e alle offerte di semi e frutti. Il rito della cremazione è attestato a lungo, almeno fino al III secolo d.C., anche se l’inumazione entro sarcofago è praticata già a partire dalla fine del I secolo, con il mutare dell’ideologia, anche sotto l’influenza delle credenze cristiane. L’inumazione diventerà largamente prevalente solo dal III secolo in poi.

Il tessuto sociale ed economico

Anche facendo riferimento alle sole testimonianze del Lapidario Romano si colgono aspetti che riguardano l’area di provenienza dei personaggi ed il tessuto sociale ed economico della colonia (Giordani 2001; Giordani 2001a).Disegno ricostruttivo di un monumento a dado.

Il gentilizio Seppius (n. 1), attestato nel Sannio, Irpinia, Matese, e il gentilizio Apidius (n. 24), presente nell’area molisana e sannitica, richiamano le origini dei primi coloni inviati per decreto senatorio a Mutina dal Centro Sud. Numerosi sono i cognomina di origine greca, Nicarium ed Acantus (n. 5), Nicephor (n. 4), Dorcadis (n. 7); Mantes (n. 14), Pyrallis (n. 15), Amphio (n. 19), Heuronoma (n. 20), Hermes (n. 23), diffusi d’altronde in gran parte della Cisalpina e associabili ad un’origine servile.

Le iscrizioni funerarie elogiative della posizione sociale raggiunta in vita documentano che un ruolo particolarmente attivo venne svolto dalla classe imprenditoriale dei commercianti e degli artigiani, che da posizioni servili si è elevata, grazie ai propri guadagni, fino ad assumere cariche pubbliche e a partecipare a collegia sacerdotali o professionali. Caius Petronius Mantes (n. 14), membro della corporazione degli aurifices, ai quali donò l’area per la sepoltura, fu eletto decurione, massima carica municipale. Lucius Rubrius Stabilio Primus, tonsor, per la stessa ragione, era iscritto all’importante collegio degli Apollinares. Alla classe dei commercianti ed artigiani apparteneva il purpurarius Caius Nicephor

22