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108 | CANTO |
LXVII.6
Nulla risponde, e contra i Ravennati
Tommasin, a quel dir, strigne gli sproni
Con una compagnia di scapigliati
540Dediti al gioco e a far volar piccioni,
Che Triganieri fur cognominati,
Nemici natural de’ bacchettoni;
Gente che ’l ciel avea posto in oblío,
544E l’appetito sol tenea per Dio.
LXVIII.
Con questi il Gorzanese ardito e franco
Ratto si mosse; e al primo incontro uccise
Gaspar Lunardi, e Desiderio Bianco,
548E a Lamberto Raspon l’elmo divise:
Quando Perinto lo ferì per fianco
Coll’asta dell’insegna; e in modo arrise
Fortuna al suo valor, ch’in terra cade,
552E restò prigionier fra mille spade.
LXIX.
Perduto il capitan, impeto allenta
La gente sua che ’l disvantaggio vede:
Ma non fugge però nè si sgomenta,
556E torna in ordinanza indietro il piede.
Perinto poi ch’a Ostasio da Polenta,
Che tra’ primi il seguía, l’insegna diede;
Iotatan colla spada in terra mette,
560E Barbante figliol di Mazzasette.
LXX.
Ma intanto il Potta udito il caso fiero
Di Tmomasino, e quel, che più gli dolse,
Del re de’ Sardi rotto e prigioniero;
564Santa Nafissa7 a bestemmiar si volse:
E montato su un’erta col destriero,
Pur novella speranza anco raccolse;
Che le bandiere de’ nemici, sparte
568Vide fuggir della sinistra parte.