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114 | etichetta. |
Etichetta, cartellino attaccato a casse o bottiglie per indicarne l’uso; cerimoniale delle corti o case signorili (Magal. lett. scient. 23). Provenne immediatamente dallo sp. etiqueta sulla fine del sec. XVII; il che è attestato espressamente dal Magalotti che nella lettera sopra citata scrive: «Al mio ritorno in Italia cominciai a dire ancor io in italiano etichetta..... per parer d’aver portato qualche cosa di Spagna». Lo sp. etiqueta era probabilmente venuto direttamante dal fr. étiquette, d’ug. sig. Ora il fr. étiquette [afr. estiquette, anald. estiquete] si formò dai vb. estiquer, estequer, esticher, sciam. stiquer, riposanti sul vb. aat. stikken, stëhhan, mat. stëchen, tm. stechen, pungere, ficcare, attaccare. Quindi il fr. étiquette propriamente = ciò che s’affigge o s’attacca, e acquistò il sig. di “cartello” allo stesso modo che in it. affisso venne a designare “un foglio attaccato al muro”. Però dacchè stikken = anche a “pungere”, è chiaro che etiquette potè significare anche “ciò con cui si punge”, quindi “bastone od arma” [infatti l’anald. stique = daga, arma]. È possibile per conseguenza che da principio étiquette fosse non solo foneticamente e formalmente ma anche logicamente la stessa cosa che stecco; e che in appresso valesse “cartello”, oltrechè per la ragione detta poco di sopra, ancora pel fatto del cartello che si poneva su di uno stecco, analogamente al nap. sticchetto significante “segno di una via proibita”. Quanto alla rad. ger. stik, stink, alle sue differenziazioni apofonetiche nei varii dialetti ger., ed alle sue corrispondenze negli altri rami dell’indeu., vedi Stanga, Stecco, e Stocco che ancor essi ne provennero. L’ing. accorciò la parola fr. in ticket = biglietto. Il fr. poi prese il significato figurato di “formole cerimoniose, cerimoniale di corte”, per la circostanza che quelle formole erano scritte su di un cartello per comodo di chi ad esse doveva attenersi.