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162 | illustri italiani |
zese pseudo-antico; e il Cesarotti la adoprò francamente a rifar quei canti. Certamente Macpherson avria avuto a rallegrarsi d’esser così interpretato, e disse bene chi disse che Ossian bisognerebbe leggerlo nella versione del Cesarotti. Tutto vi è ricomposto, vestito di bella poesia, gonfia se si vuole, ma armoniosa; ben toccato il patetico: a volta ne escono quadretti che alcun classico non isdegnerebbe. Valga d’esempio questo, ove, piangendo la morte di Cuculino, ne descrive il figliuolo bambino.
Verrà coi vezzi teneri, |
Se non sapessimo che i poeti sogliono farsi de’ complimenti, stupiremmo all’udir l’Alfieri confessare che deve al Cesarotti l’aver imparato a far versi: versi che sono lontani a tiro d’occhio dal modo del Cesarotti. Fatto è che, pel solito andazzo dell’imitare, s’introdussero allora strane frasi nei nostri poeti: il figlio della spada, il signor dei brandi, la vergine della neve, i fiacchi figli del vento, la stridula voce della notte; e così, rotolar nella morte, impennar l’agile piede, metter l’ali al pugnare, il bianco petto gonfiarsi all’aura dei sospiri.... e nelle cose una sovrabbondanza d’immagini e traslati, viziosi particolareggiamenti, frivola anatomia del sentimento, e il predominio del lugubre e del fantastico. Non che nel Natale del Pellegrini e nel Bardo della selva nera del Monti, quest’influenza sentesi nel Foscolo e nel Leopardi, e in qualche vivente, che affettando originalità, non s’accorge di farsi scolaro del finto Ossian.
La traduzione del Cesarotti è accompagnata d’un saggio storico ed estetico, ove vuol provare l’autenticità del suo poeta, e conchiude che se non vuolsi chiamarlo Ossian, lo si chiami Orfeo, o figlio d’Apollo. L’Oinamora fu tradotta da Giovanni Torti. Le Tournear ne diede la versione in francese: in spagnuolo Ortez, in tedesco Denis ed Harold, ecc.
A chi volesse ridere della poca critica dei nostri nonni, suggeriremo sommessamente che nel 1862 a Parigi si stamparono da D’Assally, col titolo di Chevaliers poètes, delle pretese traduzioni di minnesingeri tedeschi; e il dotto critico Saint-Marc Girardin le onorò di gran lodi nella Revue des deux Mondes, e vi trovò bellezze superiori a Pindaro; e tutto era invenzione francese.