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560 | illustri italiani |
Il Romagnosi, versato com’era nelle leggi, fonte la più schietta della storia della civiltà, a fondo conosceva la forma dell’antico governo romano, avvezzo a guidarsi più secondo la passione che secondo regole dedotte dall’ordine delle cose e degli uomini, e fabbricato a forza di penose transazioni fra gli ottimati e il popolo; sicchè la sua fermezza risultava dallo sforzo e dalla tensione, derivanti dal contrasto delle passioni, anzi che da una possanza regolata da motivi certi, ragionati, profondi. Risalì dunque all’ora che la lotta fra i patrizj e la plebe venne decisa in favor di questa collo assodamento della monarchia d’Augusto1, monarchia temperata da un senato, da potenti patrizj, dall’opinione educata fra le popolari discussioni. Ma ne’ tre secoli seguenti, mutasi in un’asiatica autocrazia: Diocleziano, collocandosi lungi da Roma, affievolisce la forza centrale; Massimiano immola i più illustri senatori; Costantino, annojato d’una città, ove non potea spegnere la memoria delle franchigie, compie la rovina traslocando la sede. Allora il consiglio del senato romano più non sostenta la prerogativa imperiale, abbandonata agli intrighi ed ai capricci del palazzo; due Augusti e due Cesari si dividono e suddividono il comando delle armi e le supreme attribuzioni: sovvertito l’ordine delle milizie, le legioni sono riempiute di Barbari insaziabili e licenziosi: le regole civili e dell’amministrazione mutansi in catena di servili uffizj, da cui ognuno procura sottrarsi;
- ↑ Pochi ancora sanno vedere come aumento della libertà popolare la fondazione dell’impero in Roma: nè questo è il luogo d’addurne le convincenti ragioni. Anche Romagnosi non lo teneva se non con certe restrizioni. Del resto, alcune opinioni manifestate pubblicamente da me, intorno alla decadenza ed al risorgimento d’Italia, discordi affatto dal Romagnosi, aveano avvivato una disputa fra me e quel sommo, e se il non aver io acceduto alla sentenza del maestro fosse arrogante ostinazione, il pubblico lo potrà decidere.
aver alla fine riassunto quel che sparsamente avea dello intorno alla condizione dell’industria e del commercio ne’ varj Stati italiani, e sulla potenza e le relazioni esterne di esse. Il Sismondi, al quale io non tacqui tale critica, ne convenne pienamente; e manifestava alto concetto del nostro Romagnosi, sebbene mai non fosse stato con lui in corrispondenza. Sarebbe stato desiderio del Romagnosi che qualcuno esponesse in ristretti quadri i secoli della coltura italiana, comprendendovi le arti meccaniche, liberali ed intellettuali, che servissero di repertorio per gli studiosi, ricordassero ai nostri l’eredità de’ maggiori, e persuadessero la gioventù ad essere italiana, pensatrice, operosa e concorde, per salire al primato, certamente serbata dalla natura alla patria di Dante, di Machiavelli, di Galileo.